Cristiani perseguitati: la paranoia dittatoriale segna la vita della Corea del Nord

Tutti i cittadini hanno il dovere di partecipare ad almeno un incontro a settimana, nel corso del quale vengono indottrinati e addestrati ideologicamente. A nessuno è permesso sviluppare idee “devianti”, che siano di natura religiosa o meno. Il sistema di rigido controllo sociale ha come conseguenza un alto livello di autocensura e una diffidenza assoluta.

Da 13 anni consecutivi, la Corea del Nord è prima nella lista dei 50 Paesi al mondo dove si perseguitano di più i cristiani. La differenza rispetto agli altri Paesi è data dal fatto che nel Paese asiatico – sostiene “Porte Aperte” – vi è un’unica riconoscibile fonte di persecuzione, totale, che esclude qualsiasi altra: la paranoia dittatoriale, che rende impossibile sottrarsi al pressante controllo che permea l’intero Paese. Tutti hanno il dovere di partecipare ad almeno un incontro a settimana, nel corso del quale i cittadini vengono indottrinati e addestrati ideologicamente. A nessuno è permesso sviluppare idee “devianti”, che siano di natura religiosa o meno. Il sistema di rigido controllo sociale ha come conseguenza un alto livello di autocensura e un’assoluta prudenza nello scegliere cosa dire e di chi fidarsi.

La deificazione del leader. Attorno alla figura del leader Kim Jong-un – proclamato come “Eccelso Successore” e annunciato come “Leader Supremo” e “Comandante Supremo delle Forze Armate”, che detiene una posizione centrale in tutte le organizzazioni del potere (il partito, lo stato e l’esercito), essendo anche Primo Segretario del Partito dei Lavoratori – è stata costruita una sorta di deificazione, che non lascia spazio per alcun tipo di religione e che reputa una minaccia chiunque osi rivolgersi con riverenza a qualcuno che non sia membro della dinastia Kim. Dopo l’esecuzione, avvenuta nel dicembre 2013, dello zio di Kim Jong-un, Jang Song Taek, considerato come il suo primo assistente e la seconda persona più potente nel regime, risulta che nel 2014 siano state giustiziate più di 10mila persone, presumibilmente collegate a Jang o aventi comunque idee diverse rispetto a quelle del regime.

La fede viene nascosta anche nelle famiglie. I cristiani vivono la clandestinità e nella maggior parte dei casi non osano mostrare la propria fede nemmeno all’interno delle famiglie, specialmente ai bambini, per paura che lo possano riferire agli insegnanti o ai vicini e che questi possano denunciarli. È molto pericoloso possedere una Bibbia, leggerla o fare un culto in privato. Nel sistema di stratificazione sociale chiamato “Songbun”, i cristiani sono classificati come “ostili” e ritenuti una sottoclasse. Nel caso vengano scoperti, non sono soltanto i credenti a essere puniti ma anche i loro familiari: nel migliore dei casi, i parenti subiscono un declassamento nel sistema del “Songbun”, mentre i familiari più stretti, che non siano identificati come cristiani, vengono mandati in un campo di rieducazione per scontare la loro pena. I cristiani direttamente coinvolti, invece, sono portati nei campi di lavoro forzato senza possibilità di rilascio: dovranno lavorare lì fino alla propria morte. Un credente di cui si scopra il coinvolgimento in attività religiose clandestine dovrà subire la discriminazione, l’arresto, la detenzione arbitraria fino alla propria scomparsa, la tortura e/o la pubblica esecuzione. Secondo un recente rapporto, la prigione n. 15 (meglio conosciuta come il campo per prigionieri politici Yodok) è stata chiusa nel 2014. Un rapporto precedente sosteneva che solo all’interno di questo campo ci fossero più di 6mila cristiani, secondo le stime dei disertori. I “detenuti” non sono stati rilasciati, ma trasferiti.