Cos’è il bene comune?

“Bene comune” è un termine che spesso viene usato, a proposito e a sproposito, in varie occasioni. È un termine che va di moda. È “Chic”: dice tutto e a volte niente.

Spesso in filosofia esprime un’idea, un qualcosa che giova all’interesse della collettività.

Se lo analizziamo come “scienza politica” esso viene definito un bene materiale o immateriale che «può essere utilizzato da chiunque a titolo personale».

L’Acqua è un bene comune? Senz’altro sì, ma poi… la realtà è diversa. L’economia e l’uomo la sfruttano a loro piacimento. L’aria che respiriamo, il sole, il vento, le bellezze naturali che ammiriamo, sono beni comuni? Sì, ma poi… diventano fonte di sfruttamento.

Analizziamo il termine “bene comune” sotto il punto di vista religioso. La Chiesa Cattolica lo definisce: «l’insieme di quelle condizioni della vita sociale che permettono tanto ai gruppi, quanto ai singoli membri di raggiungere la propria perfezione più pienamente e più speditamente». Una definizione arguta, quasi matematica, ma che qualcuno potrebbe definire efficace e sintetica.

Tre definizioni, abbiamo presentato, che ci lasciano la mente un po’ offuscata rispetto a quello che volevamo scoprire e sapere sulla definizione di “bene comune”.

In questi momenti di difficoltà economiche, finanziarie, di incertezze politiche, di mancanza di riferimenti certi spesso si usa l’espressione “bene comune” facendo riferimento ad una politica sociale più equa e più a misura d’uomo.

Nel campo sociale ed economico anche la Chiesa Cattolica trova difficoltà nel portare il suo contributo e lascia i propri fedeli – che sono anche cittadini – ad agire nel mondo sindacale, politico ed imprenditoriale ispirandosi alla propria fede religiosa. Ma basta? I fedeli agiscono, poi, secondo gli insegnamenti della propria fede?

Intanto i “laici” si interrogano, avanzano proposte e fiumi di iniziative che poi non danno frutti tangibili di cambiamento. Sorgono nuove formazioni votate dai cittadini per rompere con il presente.

Che cosa auspichiamo per arricchire veramente di contenuti la definizione di “bene comune”? Auspichiamo, credo, una rivoluzione culturale, una rivoluzione senza “se” o “ma”, che cambi il modo di fare e di essere di questa società malata, fatta di egoismi, di qualunquismo, di egemonie, nella quale prevale l’interesse del singolo o di gruppi a scapito della collettività.

Abbiamo bisogno di poter incidere fattivamente sul cambiamento cercando di elaborare e condividere di nuovo, insieme a tutti coloro che hanno buona volontà, una piattaforma intorno al problema del Welfare, al tema dell’economia con nuove forme associative e di partecipazione dei lavoratori e al tema degli spazi pubblici, individuando come utilizzarli per una partecipazione alle iniziative.

Questo dovrebbe essere l’inizio di un cambiamento culturale politico che serve per potere gettare fattivamente le basi per la ricerca del bene comune. Questo in Italia come a Rieti crea i presupposti attraverso cui l’uomo è attore e non comparsa nella propria vita.