Terzo viaggio internazionale per Papa Francesco. Nella prima giornata è previsto l’incontro con le autorità e con una rappresentanza del corpo diplomatico. Nel pomeriggio (ora locale) l’incontro con i vescovi. I frutti che la Corea attende sono tanti. Anche perché, spiega monsignor Peter Kang U-il, presidente dei vescovi, “oggi la nostra società agonizza a causa di molti problemi”. Tra questi: guerra Nord-Sud, disparità economica e corruzione.
Seoul, alle ore 18, è una città immersa nel traffico. È l’ora in cui gli uffici chiudono e per uscire dal centro le auto inesorabilmente s’incolonnano. Anche i pedoni fanno fatica a camminare sulle strade. Con una popolazione di 11 milioni di abitanti, Seoul è la più grande città della Corea. Sarà questa metropoli brulicante di persone e chiassosa ad accogliere Papa Francesco. Prima di mettere piede per la prima volta in questa terra dell’Estremo Oriente, Asia, il Papa ha bussato alla porta dei coreani inviando loro un video-messaggio. “Vi invito a pregare insieme con me, affinché questo viaggio apostolico porti buoni frutti per la Chiesa e la società coreana”.
I frutti che la Corea attende sono tanti, anche perché dietro il boom economico che ha fatto schizzare il Paese ai primi posti delle classifiche mondiali per produzione e competitività, si nascondono storie di povertà, corruzione, verità celate, solitudini. “Oggi la nostra società agonizza a causa di molti problemi”, dice senza usare giri di parole il presidente dei vescovi coreani, monsignor Peter Kang U-il. E i problemi qui hanno diversi nomi: c’è la “guerra fredda” tra un Sud democratico e un Nord in ostaggio del regime di Pyongyang; c’è disparità economica tra ricchi e poveri. Il Papa celebrerà una Messa per la pace e la riconciliazione tra le due Coree. E come gesto di carità al fratello più debole si recherà a Kkottongnae, nella comunità fondata da padre John Oh Woong-Jin nel 1976: finora si è presa cura di 13mila persone malate, abbandonate e sole.
C’è un altro nome dietro il quale si cela la crisi della società coreana. Ed è la corruzione. Anche qui il governo fatica a riconquistarsi la fiducia della gente dopo il fallimento totale con cui ha gestito il tragico naufragio del traghetto che in aprile è costato la vita di oltre 300 persone, molte delle quali studenti in gita scolastica. Si tratta dunque di una Corea in lutto, delusa da una leadership che ha occultato prove e verità. “Il Papa – dice il vescovo Kang – porterà il Vangelo della speranza e della consolazione ai coreani dal cuore spezzato”.
Ma il Papa è qui in Corea perché i giovani di tutta l’Asia si sono dati appuntamento, nella diocesi di Daejeon, per la Giornata della gioventù asiatica. Sono già arrivati in 6mila e stanno mettendo a punto coreografie, programmi, scambi di esperienze. “I giovani – dice il Papa nel video-messaggio – sono portatori di speranza e di energie per il futuro; ma sono anche vittime della crisi morale e spirituale del nostro tempo”.
In una terra dove i cattolici sono una minoranza e rappresentano il 10% della popolazione, in una società fortemente laicizzata, che ha gradualmente perso il suo storico ancoraggio alla cultura e ai valori del confucianesimo, l’arrivo di Papa Francesco genera attesa e curiosità. Per la Messa di beatificazione dei 124 martiri coreani, la piazza di Gwanghwamun verrà chiusa al traffico cittadino a partire dal 15 sera e per tutta la giornata del 16. Alcuni prevedono la partecipazione di un milione di persone tanto che nelle strade limitrofe, il comitato organizzatore ha allestito maxi-schermi per consentire a tutti di vedere Francesco. Ha quindi ragione Paolo Kwong, presidente del Consiglio dei laici in Corea, a rivolgersi così ai suoi connazionali: “Chiedo a tutti i cittadini che l’arrivo di Papa Francesco non sia solo una festa dei cattolici, ma una festa di tutto il Paese”.