Concerviano

Concerviano ripropone “Le tentazioni di un giovane monaco”, con l’«introduzione monastica» di mons Chiarinelli

Sabato 20 ottobre, presso l’Abbazia San Salvatore Maggiore a Concerviano, è stato rappresentato lo spettacolo “Le tentazioni di un giovane monaco”, scritto ed interpretato da Ugo Carlini con la regia di Alessandro Cavoli del Teatro Rigodon.

Sabato 20 ottobre, presso l’Abbazia San Salvatore Maggiore a Concerviano, è stato rappresentato lo spettacolo “Le tentazioni di un giovane monaco”, scritto ed interpretato da Ugo Carlini con la regia di Alessandro Cavoli del Teatro Rigodon.

Ultima di una lunga serie di repliche nella suggestiva atmosfera di San Salvatore Maggiore, la rappresentazione rientra nello spirito di «biografia del territorio», come sottolinea il regista, da sempre perseguito dalla compagnia del Teatro Rigodon.

Come sempre preceduto da una visita guidata dell’Abbazia, questa volta lo spettacolo è stato presentato da una breve “introduzione monastica” di monsingor Lorenzo Chiarinelli, vescovo emerito di Viterbo. Una speciale occasione per approfondire l’aspetto spirituale della drammatizzazione ispirata ad un testo del XI secolo.

Dopo un piccolo riepilogo della storia di Otlone di San Emmerano, il monaco autore de”la tentazione di un monaco” da cui prende spunto lo spettacolo, monsignor Chiarinelli esplicita la riflessione fondamentale che fa Otlone: «che valore ha l’esperienza della vita monastica?»

Per capirlo bisogna partire dalla definizione di San Benedetto: «monaco è colui che cerca veramente Dio». Noi cerchiamo Dio? Questo è l’interrogativo desumibile dall'”avvincente narrazione” dello spettacolo. Mons. Chiarinelli risponde notando che «Oggi non abbiamo più ne desiderio ne nostalgia di Dio».

La mancanza di desiderio nasce dal disinteresse. A riprova il Vescovo emerito cita Camus che interrogato a proposito della sua fede, affermava «non credo in Dio ma non ho bisogno di domandarmelo» perché «sono sicuro che non mi interessa».

A proposito dell’assenza di nostalgia, il problema è non avere più l’esperienza di Dio e il riferimento è invece Piero Citati. «La lingua era continuazione musicale di quella evangelica» afferma il grande critico letterario commentando un testo del 1200, per evidenziare poi però la sua «desolazione» confrontando quell’epoca con la nostra.

La soluzione per superare disinteresse e desolazione ce la da Sant’Agostino nelle sue Confessioni quando ammette «Tardi ti ho amato bellezza così antica e così nuova». Da questa bellezza dobbiamo quindi «lasciarci provocare», conclude Monsignor Chiarinelli.

Alla luce di questa parole, la rappresentazione acquista maggior significato avvicinando a noi i dubbi del monaco, fornendo una chiave di lettura per scorgere nella tentazione del diavolo i nostri demoni esistenziali. L’inferno, come viene rivelato al monaco nel finale dello spettacolo, è «pensare di bastare a sé stessi». Basta ricordare questo per rimetterci alla ricerca di Dio.