Anche quella fra padri e figli, anche quella in famiglia è una comunicazione fra mondi distanti, in cui i cromosomi in comune non sempre bastano per l’intesa e spesso paradossalmente possono complicare le cose: non c’è da stancarsi, creiamo spazio – come su quel muro fra una preghiera e un insulto – creiamo spazio senza barriere e avremo costruito il nostro pezzetto di pace
In famiglia –
Una lapide essenziale, quasi scarna, ricorda due giovani, probabilmente amici: la stessa data di morte: devono aver terminato la loro vita insieme, forse in un incidente stradale. Tutt’intorno il bianco sporco di quel rettangolo di marmo si immerge in un caleidoscopio di colori spray. Le altissime e austere mura lungo la via sono diventate pagina docile per i racconti iconici di graffitari non improvvisati. Alzando lo sguardo, quelle pareti lisce prestatesi come tela per pittori di strada talvolta scurrili, si rivelano il basamento di un’antica scuola cattolica legalmente riconosciuta, il cui fondatore a me del tutto estraneo mi ricorda che se sono così tanti i santi sugli altari, ben di più devono essere tutti quelli anonimi!
Qui assisto ad un dialogo fatto di sguardi, parole e gesti fra una piccola suora portinaia ed una truccatrice del set. Una giornata intera, minuti e ore sedute vicine in quella frenesia intermittente che è tipica delle riprese… in cui fra un ciak e l’altro la vita reale scorre a fianco della finzione e sceglie ritmi a volte concordi, a volte in ossimoro con le pagine di sceneggiatura che si vanno smaltendo. Due persone, due età, due mondi apparentemente a distanza abissali e invece così “cordialmente” vicine… una corrispondenza di amorosi sensi che presto raggiunge culmini impensabili di intimità: vita, morte, senso del dolore…
Quanto possono essere misteriosi i canali della comunicazione e chi può in ultima istanza stabilire per dove e come devono scorrere i fili che mettono in contatto gli uomini e le donne di questo mondo…?
Quanto possono essere misteriosi i canali della comunicazione e chi può in ultima istanza stabilire per dove e come devono scorrere i fili che mettono in contatto gli uomini e le donne di questo mondo…?
Nello spazio di poche decine di metri, plasticamente e nel corso di un lasso di tempo infinitamente breve mi si è palesata questa verità disarmante: confini e barriere al nostro umano dialogare sono sovrastrutture posticce e – purtroppo – non per questo meno resistenti, come edera che non si lascia strappare dalla pianta di cui è parassita. C’è una linfa vitale in cui le nostre parole, i nostri atti di prossimità possono scorrere liberi e giustapporsi senza che nulla lo impedisca o li vincoli, come una devota targa votiva a fianco di una sguaiata parolaccia in acrilico, come un’anziana consacrata, sazia di preghiere e forse di giorni, a fianco di una giovane donna di cinema, soffertamente assettata di vita.
Quando capiremo che gli unici ad ergere recinti sono i nostri pre-giudizi sarà forse la fine dei tempi, intanto è forse necessario svolgere graduali esercizi di allenamento a saper percepire linguaggi diversi da quelli che ci paiono più immediatamente comprensibili. Addomesticare lo sguardo a panorami reali e interiori che non si vedono con la vista soltanto e di sicuro non alla sola distanza fra gli occhi e il nostro smartphone.
Nessuno credo sia esentato da tale ginnastica dei sensi e dei sentimenti, ma in particolare, nel consueto gioco catartico di questa rubrica, mi rivolgo ai colleghi di genitorialità e ancor più miratamente ai padri. Lasciamo aperti tutti i sentieri attraverso cui i figli cercano di raggiungerci!
Una richiesta di perdono, “un mani avanti” alla maniera dei bambini, più spesso una richiesta pudica di qualcosa che a voce non si è fatto in tempo o non si è avuto il coraggio di chiedere. “Papà, mi accompagni tu sabato alla partita?” “Ma allora quando andiamo al negozio di animali?” “Scusa se ho perso quel ricordo a cui tenevi, ti voglio bene”. C’è un luogo in casa dedicato ormai da tempo a questa comunicazione speciale, una specie di buca delle lettere in cui spedire tutto ciò che la frenesia della giornata o la distrazione (di solito degli adulti!) non ha permesso di esprimere di persona. Questo luogo è sotto il cuscino del letto dove i ragazzi sanno che prima o poi (spesso troppo tardi!) chi di dovere dovrà passare e anzi sarà forse un momento propizio, di silenzio e concentrazione, in cui il messaggio potrà essere assorbito in modo più efficace.
Più di tante ramanzine frontali, più di tanti encomi o festeggiamenti corali, il dialogo ininterrotto con i figli è costellato di questi lacerti silenziosi, fatti di parole, ma anche di immagini, segni, allusioni, righe su lembi di carta improvvisati, dove gli errori di ortografia non si contano e la correttezza si misura con altri parametri.
Anche quella fra padri e figli, anche quella in famiglia è una comunicazione fra mondi distanti, in cui i cromosomi in comune non sempre bastano per l’intesa e spesso paradossalmente possono complicare le cose: non c’è da stancarsi, creiamo spazio – come su quel muro fra una preghiera e un insulto – creiamo spazio senza barriere e avremo costruito il nostro pezzetto di pace.