Come uccidere le aragoste?

Venerdì 6 novembre presso la Libreria Rieti è stato presentato il libro Come uccidere le aragoste, romanzo d’esordio dello scrittore Piero Balzoni e vincitore tra gli altri del premio Orlando esplorazioni. Grazie ai puntuali interventi della giornalista Sabrina Turco, è stato raccontato un testo fresco e profondo che non perde mai il dono della leggerezza. Partendo dall’incidente mortale del fratello, il protagonista è costretto a rivedere la sua caotica esistenza. Dopo la presentazione lo scrittore ci ha concesso un intervista a tutto tondo sul suo libro e sul suo lavoro.

Grazie molte, innanzitutto. Per cominciare, anche se è brutto chiudere i libri in un genere, che genere di libro è Come uccidere le aragoste?

Di recente si è presa a chiamarla narrativa generale, che si distingue dal fatto di narrare una storia più o meno fiction, che non è autobiografica, non è un giallo, non è un genere letterario specifico ma è una storia. Per cui il termine adatto è narrativa generale.

Fin dal titolo si capisce l’attitudine alla metafora presente nel testo, come scopri o inventi le tue metafore?

Le metafore sono lo strumento più potente che abbiamo, dal punto di vista della scrittura, per rendere qualche cosa che dobbiamo immaginare o far immaginare. Per quanto mi riguarda il mio mondo delle metafore è legata agli animali, in quanto è la cosa che sento più vicina a noi. È il modo più semplice per esprimere dei sentimenti che tutti conosciamo, degli stati umani attraverso comportamenti animali.

La storia inizia con un incidente stradale, una forma di destino metropolitano se vogliamo. Quanto conta il destino nel tuo libro?

Ho pensato tantissimo al destino e insieme al destino ho pensato al suo parente più stretto che è il caso, la casualità. Ci sono molti passaggi in questo libro dove quello che noi interpretiamo come destino è in realtà la casualità. Allora quello che penso è che il destino sia un altro modo, del tutto particolare e legato all’essere umano, di interpretare una cosa che invece si chiama caso e il caso determina le nostre esistenze. Poi noi gli diamo il nome di destino se siamo, non vorrei dire ma talvolta è così, scriteriati.

Il tuo libro è ambientato a Roma e negli ultimi anni, attraverso film come La Grande Bellezza o il recente Suburra, c’è un’immagine di decadenza della città, confermata da moltissimi fatti di cronaca come Mafia Capitale. Il libro racconta questa decadenza romana?

Hai citato due esempi che sono uno l’opposto del altro, e questo mi piace. La Grande Bellezza racconta un po’ la fine di una città, Roma è una città che è morta; Suburra racconta una Roma vivissima e spietata, una Roma prepotente. Quella è la mia Roma, una Roma della prepotenza, cioè un mondo che a qualsiasi livello – e Mafia Capitale è l’esempio massimo – pretende da te delle cose e se non glie le dai se le prende.

Una domanda da scrittore dilettante: qual è il tuo libro preferito o un libro che ci consigli, sia attuale che classico.

Tu hai detto che scrivi, secondo me un ragazzo che vuole scrivere non può prescindere dalla lettura di un libro in particolare di un autore che io amo e di cui ho letto tantissimo, anche se ha una produzione sconfinata, che è Jack London e il libro è Martin Eden. Racconta la storia di un ragazzo che si rende conto di poter scrivere e vivere di scrittura. Questo libro lo consiglio a chi vuole scrivere. Dopo di che ci sono libri che mi hanno cambiato la vita e libri che no, di sicuro c’è La Metamorfosi di Kafka per quanto riguarda il tipo di esempio che poi mi ha portato anche a scrivere.

Un autore a cui ti ispiri, oltre a Jack London? Magari contemporaneo.

Contemporaneo? Beh ispirarsi ai libri contemporanei è un po’ pericolosetto secondo me. Più che ispirarmi posso dirti che ci sono dei libri che mi hanno cambiato e forse hanno cambiato anche il mio modo di scrivere. Delitto e castigo ad esempio.

Quindi ci sono dei libri più che degli autori.

Sì ci sono dei libri più che degli autori, perché un autore tende a riproporre se stesso invece il libro è un opera unica che tu prendi ad esempio e ti immoli per cercare di raccontare qualcosa che sia perlomeno a quel livello.

Parlando dei libri, cosa pensi dello stato dei libri in Italia? Da un lato i premi letterari e dall’altro la rincorsa degli e-book.

Sui premi letterari non mi esprimo perché dipende da che tipo di premi stiamo parlando. Diciamo però che se non ci fossero i premi probabilmente la narrativa sarebbe messa ancora peggio. Sugli e-book a me piace molto come possibilità anche perché tende a generare maggiore fruizione nel mercato, che è sempre importante. A patto che non siano diciamo dei figliastri, dei sottolibri. Se ci credessimo veramente, come nazione, oggi avremmo molti più e-book e scrittori che scrivono prevalentemente e-book.

Pochi giorni fa è stato il 40° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini. Un ricordo di questo importante scrittore.

Innanzi tutto ritengo indispensabile, in un anno dedicato a Pasolini che resti vivo nella nostra memoria. Il rischio, l’errore che non dobbiamo commettere noi autori è cercare di confrontarci con lui. Pasolini non può essere da esempio per raccontare il mondo di oggi o stabilire una graduatoria tra chi scrive meglio e chi scrive peggio.

Ultima cosa: Come uccidere le aragoste? (ridiamo) A parte le battute mi ha colpito molto la scelta di inserire la parola “uccidere” sulla copertina. Perche questa scelta?

Perché io ho scritto di un ragazzo molto confuso e di colpo in questa confusione vede una luce. Per quanto sbagliato, di colpo il suo obbiettivo è chiaro. Io volevo riportare questo nel titolo, la chiarezza, infatti il verbo è all’infinito. Volevo dare l’idea di qualcosa di molto chiaro e invece, aprendo la prima pagina del libro, ci si rende conto che niente è chiaro ma anzi è tutto confusissimo. E questo rapporto tra le due cose mi piaceva.