Cicchetti: Rieti non è Corleone

Infuria su Facebook la polemica sulla nota – “ermetica”, ma non troppo – diffusa dal Commissario provinciale del PDL Antonio Cicchetti attorno ad un presunto “Giustiziere della notte” in partenza da Rieti. In tanti hanno riconosciuto nell’ex comandante della Finanza Luca Patrone l’oggetto dell’ironia dell’ex sindaco.

Una intuizione poi implicitamente confermata dallo stesso Cicchetti con la partecipazione ad una discussione on-line sul gruppo Facebook “La parola al Cittadino”. Ai tanti che gli hanno rimproverato un intervento un po’ azzardato, anche se attentamente calibrato (chissà perché non ha fatto nome e cognome ), l’ex sindaco risponde piccato: «Egregi Signori, non ho nulla di cui pentirmi o, peggio, vergognarmi. Scrivo quello che penso, usando decentemente la lingua italiana e senza arrecare offesa ad alcuno. Lo sottoscrivo e lo diffondo capillarmente in modo da non lasciare ad alcuno l’onerosa incombenza di dover riprodurre e distribuire in futuro copie di documenti che attestino le mie posizioni».

Ciò detto, Cicchetti ribadisce la sua posizione: «Rieti non è Corleone, Taurianova o Casal di Principe – sottolinea – che, pur essendo abitate anche da persone perbene, hanno lasciato trapelare l’idea di un sistema malavitoso efficientemente organizzato» aggiungendo che «un Pubblico ufficiale, ad alti livelli di responsabilità, si qualifica professionalmente attraverso i risultati e non mediante proclami».

«I risultati – insiste Cicchetti – si chiamano “sentenze passate in giudicato” e non perquisizioni o arresti in via cautelare, peggio se assistiti dal clamore della stampa a cui si presume che qualcuno, bene informato, abbia “soffiato” le notizie»

Quanto alle «prodezze di alcuni PM all’epoca di Tangentopoli – conclude il Commissario PDL – sono costate miliardi ai Comuni Italiani in termini di pagamento delle spese processuali agli amministratori e ai tecnici arrestati e poi assolti. Il Comune dell’Aquila, ad esempio, pagò un miliardo e trecento milioni di lire per le “imprese” giudiziariamente sciagurate del PM Tragnone (per credere intervistare l’ex Sindaco Antonio Centi di centro- sinistra)».

E mentre queste affermazioni non hanno mancato di suscitare nuove risposte dalla rete, la polemica arriva anche sulla carta stampata: «Definire il colonnello Patrone “giustiziere della notte che se ne è andato da Rieti nell’indifferenza generale”, smontare le inchieste portate a termine e quelle ancora in essere come “semplici teoremi giudiziari, perché Rieti non è parte di nessun sistema criminale e non ne ha prodotto alcuno”, significa – scrive Mario Bergamini sulle colonne de «Il Messaggero» – voler vedere solo un pezzo di realtà e autoassolvere la classe politica che ha governato la città negli ultimi cinque anni in nome del principio “così fan tutti”, o di quello di “stessa appartenenza politica”».

Che aggiungere? Rieti non sarà Corleone, ma questo vuol dire che non esiste un “sistema Rieti” con le sue clientele, la sua ragnatela di relazioni familiari, il suo muoversi per interessi e veti incrociati? E il fatto che la magistratura non riesca a dimostrarlo, vuol dire che la nostra è una città innocente?