Che ne sarà del Milan?

Di closing in closing… l’auspicio è che tutto si risolva per il meglio perché, al di là della notorietà di un brand famoso in ogni angolo del pianeta, il Milan resta prezioso patrimonio del nostro calcio e di tutti noi.

La telenovela pare davvero infinita e i contorni sono quelli di una farsa. Però non c’è molto da ridere per il calcio italiano e soprattutto per i tifosi del Milan, che da società più titolata al mondo è passata in pochi anni a squadra messa in vendita senza mai arrivare al definitivo passaggio di consegne.
Sono mesi, anzi anni, che la vecchia proprietà, gloriosa, perché con Berlusconi e Galliani il club rossonero è stato a più riprese ai vertici del calcio mondiale, non riesce però a disfarsi di un giocattolo diventato troppo costoso per le finanze del Biscione. Una storia che ormai ha superato gli 800 giorni e che ha continuato a prolungare la sua agonia, tra annunci, smentite, rinvii, comunicati e trattative fallite. In campo la squadra fa quello che può: chiusi praticamente i rubinetti da tempo, consegnata a una sfilza di allenatori nel dopo Allegri (da Inzaghi a Mihajlović a Brocchi, fino a Montella), si è fatta di necessità virtù affidandosi a qualche buon parametro zero, a talenti sbocciati dopo qualche passo a vuoto (leggi Suso e Deulofeu) e soprattutto a giovani di belle speranze come l’asso Donnarumma e la nidiata degli anni Novanta, che in tempi di vacche grasse non avrebbero mai avuto lo spazio di farsi notare, soffocati dai troppi fuoriclasse in rosa e che invece, ora, sono stati i protagonisti dell’unico trofeo strappato negli ultimi anni dal resto d’Italia alla Juventus (la Supercoppa vinta ai rigori a Doha). Un’impresa ingigantita da questa incertezza societaria che dura da troppo tempo e che affidandosi in mani orientali, prima al broker thailandese Mr. Bee e poi alla fantomatica cordata cinese di Sino Europe, è andata di closing in closing, con la venditrice Fininvest forte sì di alcune sostanziose caparre, ma mai in grado di annunciare la parola fine a un calvario che per una società storicamente seria come il Milan ha rappresentato per l’opinione pubblica un serio attentato alla sua credibilità.
Al di là di come andrà a finire, con l’ennesimo closing fissato per il 7 aprile, sono stati commessi negli ultimi due anni e mezzo tali e tanti errori, dal punto di vista della comunicazione e della gestione delle trattative, da oscurare i precedenti 28 anni di impeccabile rapporto mediatico con i mass media e soprattutto con i tifosi. Tifosi che, nonostante tutto, mostrano una pazienza infinita, combattuti tra il pericolo di andare verso un ignoto che non promette sonni tranquilli (soprattutto a confronto con i cugini dell’Inter, che sono anche loro in mani cinesi, ma ben più solide: quelle di Suning) e una realtà fatta di mediocrità per un club come il Milan, abituato negli ultimi lustri a riscrivere la storia del calcio euro-mondiale. L’auspicio è che tutto si risolva per il meglio perché, al di là della notorietà di un brand famoso in ogni angolo del pianeta, il Milan resta prezioso patrimonio del nostro calcio e di tutti noi.