Anniversari

Cento anni per l’Opera di don Minozzi: un’impronta educativa

A ripercorrere la storia dell’Onpmi, in occasione del convegno svolto ad Amatrice per la ricorrenza dei 100 anni dalla fondazione, è stato il vicario generale della Famiglia dei Discepoli, don Cesare Faiazza

A ripercorrere la storia dell’Onpmi, in occasione del convegno svolto ad Amatrice per la ricorrenza dei 100 anni dalla fondazione, è stato il vicario generale della Famiglia dei Discepoli, don Cesare Faiazza. Inizialmente posto, come ente morale, sotto tutela dell’amministrazione pubblica, l’istituto è recentemente divenuto ente di diritto privato senza scopo di lucro.

Un’Opera di vasto respiro

Tante le case dell’Opera sparse al centro-sud (ma con qualche presenza anche in Liguria, nelle terre di Semeria), affidate sia alle congregazioni minozziane che ad altre congregazioni religiose (in diocesi di Rieti, ad esempio, sono nate come strutture Onpmi la scuola materna di Santa Rufina affidata alle Suore di Santa Chiara di Fiuggi e la casa di riposo di San Pietro di Poggio Bustone gestita dalle Missionarie Cappuccine, come pure in passato l’asilo che ad Antrodoco gestivano le Figlie di Sant’Anna).

Con le case dell’Opera, ha notato don Faiazza, Minozzi «voleva dare un’impronta educativa: per i ragazzi serviva assistenza ma anche educazione, e questo doveva avvenire per lui anche attraverso l’arte: le case dell’Opera sono state scrigni di arte». Egli voleva che i ragazzi fossero «educati al bello: per lui gli orfani non erano dei poveri bambini da compatire, ma veri e propri “padroni”» da servire nell’attenzione integrale alla persona.

Col passare degli anni la vocazione dell’Opera e dell’attività dei religiosi (ma sempre più spesso anche di realtà laiche appositamente sorte per gestire i centri Onpmi, in forma di cooperative, fondazioni, imprese sociali eccetera) ha conosciuto spesso una riconversione: «Agli “orfani neri” oggi succeduti gli “orfani bianchi” (i minori accolti in case famiglia e centri educativi) e poi ci sono i “nuovi orfani” che vivono oggi la solitudine, vale a dire gli anziani», sempre in fedeltà allo spirito del Minozzi e alla sua convinzione che «ci si doveva occupare anche della povertà spirituale oltre che materiale». La gestione centrale continua a far capo ai Discepoli, presenti oggi, oltre che in Italia, anche in Brasile, Perù, India (i religiosi contano attualmente una ventina di italiani e una quarantina di stranieri).