Chiesa di Rieti

Castel di Tora in festa per la patrona sant’Anatolia

Sulla figura della giovane Anatolia, martirizzata nell’Alta Sabina, si è soffermato il vescovo Domenico nel presiedere le due principali celebrazioni del programma di festeggiamenti

La martire Anatolia come esempio di chi non ha teme di difendere la propria dignità e affermare con risolutezza la propria fedeltà alla Parola. Affrontando una morte che dà valore e senso pieno alla vita. Sulla figura della giovane romana martirizzata nell’Alta Sabina, invocata come patrona dalla comunità castelvecchiese, si è soffermato il vescovo Domenico nel presiedere le due principali celebrazioni del programma di festeggiamenti che, in tempo di Covid, si è limitato all’aspetto liturgico. Come dappertutto, anche la festa patronale di Castel di Tora ha avuto quest’anno la sua riduzione: niente balli, stand gastronomici e fuochi d’artificio.

E niente processione con la statua della santa sulla strada che costeggia il lago fino al santuario. Dove però la venerata effigie è stata condotta in privato per potervi vivere ugualmente il momento di preghiera che, anzi, è raddoppiato: il vespro il venerdì nel santuario, la suggestiva celebrazione eucaristica il sabato nella pineta dietro il convento. La stessa che per trent’anni, durante la stagione dei campi di Villa Sant’Anatolia, era solita accogliere i gruppi, i giochi, le catechesi, le liturgie dei ragazzi delle varie esperienze di camposcuola che da tante parti d’Italia vi facevano tappa.

Pur senza processione, in tanti hanno voluto unirsi al sentitissimo momento di preghiera, con la Messa che monsignor Pompili, affiancato dal parroco don Josafat e dal collaboratore don Joaquin, ha celebrato su quell’altare caro agli affezionati dei campi (fu costruito tanti anni fa da alcuni giovani di Ac), una rappresentanza dei quali, attraverso il gruppo spontaneo di QVSA (“Quelli di Villa Sant’Anatolia”) ha voluto essere presente, con tutta l’emozione del primo “ritorno alla Villa” dopo tanti anni.

Ad animare i festeggiamenti, l’immancabile don Roberto, che da originario del paese e cappellano della Pia Unione della santa ce l’ha messa tutta per far vivere, malgrado le ristrettezze dell’emergenza epimediologica, il giusto spirito alla festa. Domenica mattina ha celebrato lui la Messa al santuario, quella che solitamente precedeva il ritorno della processione in paese.

E poi la Messa solenne domenicale, che ha visto nuovamente il vescovo Domenico offrire il sacrificio eucaristico, stavolta sull’altare della chiesa parrocchiale, con l’assemblea allargata – per permettere la maggiore partecipazione possibile rispettando il distanziamento previsto – sull’antistante piazza San Giovanni.

Con il tradizionale suono (almeno questo immancabile) delle campane a distesa che ha diffuso il clima di festa in tutta la vallata.