Casa Futuro

Casa Futuro: una spinta alla rinascita delle zone terremotate

Si è svolta questa mattina, ad Amatrice, la cerimonia di posa della prima pietra di Casa Futuro, uno dei più impegnativi progetti di ricostruzione privata nelle zone colpite dal terremoto dell’agosto 2016. Per mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, “l’avvio del cantiere è una spinta alla rinascita delle terre colpite dal sisma”

Si è svolta questa mattina, ad Amatrice, la cerimonia di posa della prima pietra di Casa Futuro, uno dei più impegnativi progetti di ricostruzione privata nelle zone colpite dal terremoto dell’agosto 2016. La nuova struttura, promossa dalla diocesi di Rieti e dall’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia sorgerà nell’area del complesso “Padre Giovanni Minozzi”, edificio storico di grande importanza per Amatrice e per tutto il territorio circostante che fin dalla sua nascita, nel 1920, è stato “un luogo di trasmissione del sapere e di accoglienza” grazie alla presenza dei padri della Congregazione Famiglia dei Discepoli della Fondazione Don Minozzi. Per mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, “l’avvio del cantiere è una spinta alla rinascita delle terre colpite dal sisma”.

Il progetto. Il progetto, redatto dallo studio dall’architetto Stefano Boeri e ispirato all’idea di ecologia integrale espressa da papa Francesco nella sua enciclica Laudato si’, prevede “quattro corti”, spazi che uniscono “i piani della contemplazione e dell’azione”: la “Corte Civica” che ospiterà la sede comunale, una sala polifunzionale e una biblioteca pubblica con un piano interrato destinato a parcheggio e locali tecnici per il funzionamento dell’edificio; la “Corte del Silenzio”, orientata con la Torre Civica e la chiesa di Santa Maria dell’Assunta, che ospiterà la Casa Madre dell’Opera Nazionale con le residenze dei religiosi, una struttura di accoglienza e un centro assistenziale da destinare a casa di riposo; ci saranno anche ambienti museali e liturgici, un giardino e uno spazio comune a servizio degli ospiti; la “Corte dell’Accoglienza” che sarà dedicata a funzioni di ospitalità per i giovani, con un teatro/auditorium, spazi ricreativi, mensa e sale per la formazione; la “Corte delle Arti e dei Mestieri”, infine, ospiterà laboratori didattici e di trasformazione dei prodotti agroalimentari provenienti dalle filiere locali.

Il cantiere. Il cantiere, si legge in un comunicato della diocesi di Rieti, “è stato consegnato il 27 settembre alle imprese che si sono aggiudicate i lavori in seguito alla procedura negoziata di selezione disposta dall’Opera nazionale per il Mezzogiorno d’Italia con il supporto della diocesi di Rieti. Per l’esecuzione dei lavori l’Ufficio speciale per la ricostruzione (Usr) del Lazio ha emesso un decreto di contributo di 48 milioni di euro”. Alla cerimonia erano presenti oltre al vescovo, don Savino D’Amelio, superiore generale della Famiglia dei Discepoli di don Minozzi, e don Michele Celiberti, presidente dell’Opera nazionale per il Mezzogiorno d’Italia, con il Commissario straordinario alla ricostruzione sisma 2016, Giovanni Legnini, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti, il sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi e l’architetto Stefano Boeri. A margine della cerimonia, il Sir ha posto alcune domande al vescovo di Rieti, mons. Domenico Pompili.

Qual è il significato di Casa Futuro all’interno dell’opera di ricostruzione delle zone terremotate?

Il significato è che non basta ricostruire ma è necessario rigenerare questa terra. Rigenerazione che passa attraverso i grandi obiettivi che Casa Futuro si propone: essere un luogo di accoglienza per giovani, con un centro studi che si ispira ai principi e alle grandi questioni sollevate dalla Laudato si’; diventare un riferimento per la filiera agroalimentare che sia anche un punto di forza economica rispetto alla situazione del luogo; essere un luogo di accoglienza per gli anziani dove anche la realtà dei padri dell’istituto Don Minozzi e delle sorelle, chiamate ‘ancelle’, potranno avere casa; essere un punto di raccolta di servizi amministrativi, facenti capo al Comune, che serviranno a rimettere in moto la macchina dei beni comuni.

A quali bisogni intende rispondere Casa Futuro?

Anzitutto al bisogno di abitabilità. Questo territorio devastato dal sisma del 2016 richiede nuove forme di insediamenti ecosostenibili che offrano la possibilità di vivere questi luoghi non solo seguendo il criterio dell’identico ma piuttosto quello dell’autentico. Significa guardare avanti e offrire spunti innovativi, non riprodurre semplicemente le forme del passato. Questa è anche la ragione per cui abbiamo affidato il progetto di Casa Futuro all’architetto Stefano Boeri che, in questo ambito, garantisce competenza ed esperienza. I bisogni cui fa riferimento Casa Futuro sono anche quelli della formazione, e qui penso ai giovani, dell’accoglienza delle persone fragili e vulnerabili come gli anziani e della possibilità di conoscere e approfondire la questione ambientale.

Non c’è il rischio che Casa Futuro possa diventare una cattedrale nel deserto?

No, se cerchiamo di continuare ad alimentare quel processo di rigenerazione più ampio di cui Casa Futuro è tassello importante ma non esaustivo. Ciò significa fare in modo che le cosiddette aree interne possano essere rese più facilmente gestibili grazie anche a infrastrutture adeguate. In questo senso non posso non fare riferimento sia al raddoppio della Salaria che alla Ferrovia dei due mari che collegherebbe il Tirreno all’Adriatico, le Marche al Lazio, Ascoli a Roma. Di recente la Rfi, Rete Ferroviaria Italiana, ha manifestato l’intenzione di procedere ad uno studio di fattibilità su cui si è concentrata l’attenzione e l’adesione delle istanze politiche e istituzionali del territorio. Questa ferrovia sarebbe veramente una svolta perché favorirebbe l’accessibilità di questi territori e la loro affidabilità in termini di opportunità di lavoro, di servizi a cominciare dalla salute e dalla scuola. Tutto ciò permetterebbe alle giovani famiglie di poterci restare. Si evitano cattedrali nel deserto se questi territori vengono messi in grado di fuoriuscire dal loro atavico isolamento e diventare spazi agognati per la loro grande qualità della vita e per il rapporto che c’è tra costi e benefici. Viverci sarebbe una scelta e non una congiuntura.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) potrebbe, in questo senso, essere un’opportunità da cogliere?

Ci sono delle opportunità che non tornano e per questo vanno adeguatamente intercettate così come il Commissario alla Ricostruzione, Giovanni Legnini ha detto in varie occasioni. Bisogna interpretare Amatrice come un punto di riferimento dentro un’area più grande – in generale l’Appennino centrale – che merita di essere ricongiunta con il resto del Paese. È una questione trasversale che il terremoto ha messo ancora di più in evidenza nella sua drammaticità.

Casa Futuro, un modello di ricostruzione per le altre zone terremotate del Centro Italia?

La rigenerazione del Don Minozzi, un’area vasta circa 20mila metri quadrati – corrispondente al centro storico di Amatrice – è un punto nevralgico di questa fase. Credo che il buon esito della ricostruzione del complesso che fu il Don Minozzi costituisca una speranza concreta per dire che le cose stanno effettivamente cambiando.