Carta dei diritti, primi dissensi

La consultazione pubblica registra anche riserve, suggerimenti e proposte

A poche settimane dalla sua presentazione ufficiale, ha finalmente preso il via la grande consultazione pubblica sulla “Dichiarazione dei diritti in Internet”, la bozza di Costituzione della Rete redatta da una apposita Commissione della Camera su incarico della Presidente Boldrini. Quattro i mesi di tempo per tutti gli interessati per dire la loro, e già si alzano le prime voci critiche sul testo.

Resa pubblica il 13 ottobre scorso alla Camera dei Deputati, il testo della Dichiarazione è ora nella preannunciata fase di consultazione pubblica: fino al 27 febbraio 2015 (quattro i mesi di tempo previsti) tutti gli interessati sono invitati a commentare gli articoli e i paragrafi della bozza. Ad ospitare la consultazione è la piattaforma on-line Media Civici (http://camera.civi.ci/), una piattaforma nata con l’obiettivo di favorire la partecipazione politica dei singoli cittadini (molto simile alle numerose piattaforme statunitensi come YourVoice, We The People, E-petitions, Sensor Civico, All Your Ideas, FixMyStreet, IdeaScale). “In base a un metodo matematico ogni articolo ha pari visibilità, la visualizzazione quindi non è in ordine crescente”, viene spiegato sul sito internet dedicato. Ampio spazio anche alle diverse forme di contributo, è possibile inviare ulteriori tipi di contributi liberi riguardanti la Dichiarazione nel suo complesso: “è possibile proporre nuovi articoli (per esempio su diritto d’autore e pubblico dominio), la fusione o la soppressione di articoli esistenti, la suddivisione di un articolo in più articoli, eccetera”. Come fare in concreto per contribuire? La consultazione del testo bozza e dei diversi contributi è libero, ma per poter contribuire attivamente occorre iscriversi a civiclinks.it; un fatto già da più parti criticato, dato che a promuovere l’iniziativa non è un associazione o un altro ente “privato” (e che quindi può scegliere autonomamente e liberamente a quale fornitore affidarsi), ma un ramo del Parlamento.

Ma le prime voci fuori dal coro, rispetto alla quasi unanime accoglienza benevola ricevuta dalla Dichiarazione, iniziano a sollevarsi anche sul merito del testo e non solo sul metodo. Nei poco meno di due mesi e mezzo di lavoro, i 24 componenti della Commissione guidati da Stefano Rodotà, hanno partorito un testo fondato su 14 diritti. Si va dal principio di riconoscimento e garanzia dei diritti del mondo reale anche in Rete, passando per il diritto di accesso alla Rete, fino ai criteri per il governo della rete. Netto il giudizio dell’Istituto Bruno Leoni (una think tank dedicata ai temi delle liberalizzazioni), per il quale “la Dichiarazione dei diritti e dei doveri in Internet serve alla classe politica a mettere la sua simbolica impronta in uno spazio aperto e spontaneo e, perciò, refrattario al potere politico”. Per Stefano Mannoni, ex commissario dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e professore di Diritto delle Comunicazioni presso l’Università di Firenze, si tratta di una “occasione mancata”: “Sarebbe stato più giudizioso – sostiene Mannoni – seguire la strada del Consiglio di Stato francese che ha ritenuto di non potersela cavare con una Dichiarazione dei diritti, ma ha affidato a 500 pagine di corposo rapporto, tecnico e argomentato, il suo contributo al tema”. Critica anche Confindustria Digitale: “Preoccupa, in particolare, il fatto – spiega il Presidente, Elio Catania – che la Carta sottovaluti il ruolo di Internet come luogo di opportunità di crescita anche economica e trasformazione competitiva del Paese, intendendo la rete piuttosto come luogo di potenziali rischi da prevenire”.