Card. Bagnasco: la soglia di quella porta

Le prolusioni alle assemblee e ai consigli permanenti Cei dal 2007 al 2012: presentazione a Roma il 24 gennaio.

“La porta stretta”, il libro del card. Angelo Bagnasco presidente della Cei, verrà presentato a Roma il 24 gennaio, festa di san Francesco di Sales patrono dei giornalisti e dei comunicatori.

Un appuntamento significativo perché mentre tutta la Chiesa sta riscoprendo la necessità di varcare la “porta della fede”, in questi giorni viene l’invito a guardare ad un’altra porta, la “porta stretta”, di cui parla il vangelo. “La porta stretta” (Cantagalli 2013), infatti, è il titolo del libro del card. Bagnasco che mons. Domenico Pompili, sottosegretario Cei e direttore dell’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali definisce “un’indagine a tutto campo su Dio, la cultura, la società, l’economia e la politica”. Nel volume sono riuniti in sequenza cronologica le prolusioni alle Assemblee episcopali e alle riunioni del Consiglio permanente della Cei tenute dal Cardinale Angelo Bagnasco, chiamato da Benedetto XVI alla presidenza della Cei il 7 marzo del 2007.

Interverranno all’incontro di giovedì con il card. Bagnasco, il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato Vaticano, e Joseph H.H. Weiler, docente alla New York University School of Law. Modererà il dibattito Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera e scrittore.

La “porta della fede” e la porta stretta”: a ben pensarci, si tratta della medesima porta, perché lo sforzo indicato dal vangelo come necessario per entrare nella salvezza è il medesimo che comporta una fede coerente, capace di offrire un orientamento concreto alle scelte della vita. In tal senso, la fede è un dono di grazia, offerto all’uomo affinché conosca il volto vero di Dio, ma, allo stesso tempo, un impegno di ciascuno per vivere in comunione effettiva con il Dio conosciuto attraverso la divina Rivelazione. Impegno che, molte volte, assume i toni dell’impegno culturale e sociale, perché il mondo ha bisogno di vedere il volto di Dio.

Passare attraverso la porta stretta indica bene l’esigenza della fede stessa, che non può essere né svenduta, né annacquata, né vissuta solo in parte. Indica la necessità di uno sforzo innanzitutto personale, affinché le prime scelte, quelle personali, siano in coerenza con la parola del Vangelo, custodita e annunciata dalla Chiesa. A questo invita costantemente il card. Bagnasco, attraverso un magistero ricco e variegato, che costantemente ha al centro la questione dell’uomo. Da sempre l’uomo è importante per la Chiesa: Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato ricordava che “l’uomo è la via della Chiesa, via percorsa da Cristo Signore”. E, Benedetto XVI si è interrogato più volte: “forse che alla Chiesa l’uomo non interessa?”

Lo sguardo adeguato per comprendere chi sia l‘uomo è quello offerto dalla divina Rivelazione, anzi da Cristo Signore che “proprio rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, svela anche pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (GS 22). Quella cristiana non è una filosofia astratta e lontana, ma è una visione concreta, che − secondo il Presidente della Cei − è capace di valutare le questioni concrete della vita personale e sociale. La parola della Rivelazione, la forza della ragione, ma anche la luce del buon senso comune domandano che la persona umana sia sempre al centro, sia promossa e tutelata. Si deve evitare ogni sorta di riduzionismo o di lettura distorta.

“La persona – ha detto recentemente l’Arcivescovo di Genova – non è una fase della vita umana, ma è – possiamo dire – la forma in cui l’uomo è uomo”. Ne consegue che, anche quando la persona non ha ancora sviluppato e attuato le sue capacità o perde coscienza di sé, resta persona degna di rispetto e di diritto. La sua dignità è dunque intrinseca e incancellabile qualunque siano le circostanze di vita. L’uomo non è riducibile ad un agglomerato di pulsioni e desideri, ma è un soggetto ricco e unitario; non è né una macchina corporea né un pensare disincarnato. Insomma, la persona è sempre “qualcuno”, e mai diviene “qualcosa”, un “mezzo” per raggiungere altro. Qualcuno, che è inscindibilmente spirito e corpo.

Molte volte il Presidente della Cei ha ricordato che la ragione dell’uomo “non solo è capace di autocoscienza, di ragionamenti formali, di applicazione alla realtà empirica, ma si apre anche ai significati e alla questione del bene e del male”. Essa supera i limiti della sequenza dei fatti, della mera cronaca, e la interpreta cercandone i perché, le direzioni future. In questo dinamismo si pone “l’universale questione del senso del vivere e del morire da cui la storia umana è attraversata, come da un sigillo bruciante”, a testimonianza della capacità dell’uomo a trascendersi, della radicale apertura della sua anima sull’infinito, del richiamo ontologico della persona verso la Trascendenza, cioè verso Dio.

Il suo costitutivo essere in relazione con il mondo e con gli altri, inoltre, getta una decisiva luce sul da farsi; è “denso di conseguenze e di stimoli per le società, nonché per la costruzione di un mondo più giusto e quindi più umano”.

La questione antropologica non è, dunque, un argomento di natura accademica, ma, piuttosto, l’occasione del momento per dire chi è l’uomo e quali siano le esigenze autentiche della socialità. Un’occasione costantemente colta dal card. Bagnasco per guardare con realismo alla vita della Chiesa e del mondo e per indicare con dei “sì” e dei “no” il passaggio attraverso la porta stretta.