Bigliocchi: parlare meno di “sanità” e più di “diritto alla salute”

Le preoccupazioni e le polemiche di questi mesi testimoniano un disagio ed una difficoltà che si ripetono nel tempo riportando all’attenzione dei cittadini problemi non di oggi ma anche di oggi.

Credo che se si parlasse un po’ meno di “sanità” ed un po’ di più di “diritto alla salute” affronteremo tutti con maggiore responsabilità un tema cosi scottante e la differenza non è una sfumatura.

Sono convinto che sia sbagliato il campo di gioco e che finché Regione, ASL, Associazioni e cittadini giocheranno la partita sul tavolo dei bilanci ben poco potremo aspettarci negli anni dalla sanità pubblica se non uscirne tutti perdenti.

Solo una morte annunciata che al di la di provvedimenti tampone, fatti di volta in volta da una politica rattrappita, non contempla reali possibilità di sviluppo.

Questo Paese ha bisogno di una nuova Riforma della Sanità considerando quella del 1978 , peraltro importante, superata e smentita dai fatti.

È il momento di dire cosa si vuole considerando le grandi trasformazioni che la Medicina dal 1978 ad oggi ha avuto.

Difficile non considerare come sia aumentata la spesa di gestione di un cittadino malato e di come i progressi della diagnostica strumentale e delle terapie abbiano un impatto importante e questo al netto di sprechi e mala gestione che non sono in discussione.

Non dimentichiamo la medicina preventiva che sta scomparendo nel nulla.

Non è possibile trattare la Sanità come le FFSS o qualsiasi altra azienda perché il concetto di produttività è meno tangibile e si basa sulla salute del cittadino senza dimenticare quanto questo incide sui conti pubblici.

Ma il concetto di medicina preventiva si basava anche su questo partendo dal concetto che la prevenzione costa meno della terapia.

È quindi impensabile pensare che una politica di tagli orizzontali possa esprimere qualità e quindi quantità mentre è una politica di investimenti che può produrre effetti positivi sui costi di gestione.

È stupido parlare di deospedalizzazione e medicina territoriale se non si investe su quest’ultima e nello stesso tempo pensare che assistenza domiciliare e le “case della salute” possano portare effetti positivi sugli accessi ospedalieri se non si investe in diagnostica.

Ci prendiamo in giro!

Assisteremo nei prossimi giorni , ne sono certo, a provvedimenti che placheranno gli animi ma occorre avere la consapevolezza che , se non si interviene sulle regole del gioco, tra un anno o forse due ci troveremo ad affrontare gli stessi problemi.

È il sistema che non funziona più ed occorre cambiarlo.

Occorre anche che la Regione Lazio prenda atto che Roma Nord termina al raccordo anulare e non ai confini con l’Umbria e che si rinneghi la porcheria delle macroaree utili solo a garantire la sanità romana.

Occorre anche però la consapevolezza che il “ diritto alla salute”, il diritto a servizi qualitativamente importanti non si può tradurre nella conservazione dell’esistente.

Se , come penso, il cittadino è al centro di questo processo non possiamo preservare situazioni scadenti sia qualitativamente che quantitativamente e dobbiamo aprirci al cambiamento.

Un cambiamento allineato con le nuove frontiere della Medicina e che garantisca la salute.

Oggi c’è bisogno di diagnostica , di rapidità di intervento e di qualità ed è per questo che penso si debba cambiare campo di gioco e che la politica ed i cittadini dovranno essere gli artefici di una nuova sanità pubblica.

Iniziamo con il non considerare la Sanità come una azienda metalmeccanica e chiediamo con forza di ripensare il sistema approdando ad una nuova riforma del settore magari più utile ai cittadini della riforma delle Province.