Berlino 25 anni fa. Tutti i Muri del mondo cementati dalla paure

La lezione tedesca non è servita e ne spuntano di nuovi, come quelli di Israele con la Palestina e l’Egitto. Quello tristemente famoso che divide gli Usa dal Messico. E poi tra Ceuta e Melilla in Marocco, ma in territorio spagnolo. In costruzione quello tra Grecia e Turchia. Ci sono poi i muri meno conosciuti, come quello tra India e Bangladesh lungo 4000 km o quello di 2700 km nel deserto del Sahara.

Il muro di Berlino è caduto 25 anni fa, il 9 novembre 1989. Ma altri muri importanti non sono caduti, come quello tra Corea del Nord e Corea del Sud, che dal 1953 segna la demarcazione tra due mondi, oltre che tra due Paesi. In compenso – e nel frattempo – ne sono stati costruiti ancora di più. A simboleggiare una separazione tra popoli in conflitto, tra ricchi e poveri, tra primo mondo e terzo mondo, tra chi cerca di migrare per salvarsi dal bisogno o per costruire un sogno. Muri che violano i diritti fondamentali delle persone: alla salute, all’istruzione, al lavoro, all’acqua, al cibo. Che a volte separano comunità e famiglie. Questi sono alcuni dei muri di oggi, costruiti su una costante comune: la paura.

I muri di Israele. Oltre al noto muro tra Israele e Palestina che divide arabi e israeliani, da qualche anno il governo israeliano capeggiato da Benjamin Netanyau, cavalcando un consenso elettorale a spese di migliaia di disperati in fuga da guerre, persecuzioni e miserie dal Corno d’Africa (Sudan, Eritrea, Etiopia, Somalia), ha avuto la bella idea di costruire anche un muro tra Egitto ed Israele, nel deserto del Sinai. Il motivo? La necessità di “preservare la natura ebraica e democratica dello Stato d’Israele”, e non inondare il Paese di “clandestini”. La barriera è alta in media 15 metri e lunga 245 km e si estende da Rafah ad Eliat. Un successo per il governo israeliano, visto che, a sei mesi dall’inaugurazione nel 2013, solo 34 persone erano riuscite ad entrare illegalmente. Nei sei mesi dell’anno precedente ne erano entrate circa 10mila. Tutti profughi che, dopo aver attraversato il deserto, si ritrovano nelle mani dei terribili predoni del Sinai, che chiedono ai familiari in Europa riscatti esosissimi per liberarli. Nel frattempo li picchiano, torturano, violentano le donne, uccidono uomini e bambini perfino per trafficare organi. Chi riesce, raramente, a fuggire da questi orrori, si trova davanti al muro.

“Il muro della vergogna” tra Usa e Messico. Tristemente famoso è anche il muro che divide gli Stati Uniti dal Messico, per impedire l’ingresso di tutti i migranti dal Centro America. Per i messicani è il “muro della vergogna”, per gli statunitensi è la salvezza da un’invasione continua. La barriera, la cui costruzione è iniziata nel 1994, è lunga oggi 3.141 km e non è ancora ultimata. Si snoda lungo la frontiera tra Tijuana e San Diego. Consiste in una base di cemento armato con una struttura superiore di lamiera metallica, con illuminazione ad alta intensità, sensori elettronici e strumentazione per visione notturna. È alta dai 2 ai 4 metri. La maggior parte dei malcapitati che cercano di oltrepassarlo ci lascia la vita: dal 1998 al 2004, secondo i dati ufficiali, sono morte 1.954 persone. Chissà in questi anni i numeri come saranno aumentati. E centinaia di migliaia ogni anno sono gli arresti alla frontiera e i respingimenti.

I muri dell’Europa. Con questo stile e per gli stessi scopi – frenare l’ingresso di migranti africani in Europa -, è stato costruito il muro tra Ceuta e Melilla, territorio appartenente politicamente alla Spagna ma ubicato in Marocco. Anche qui non si contano i morti e i respinti. C’è poi la Green Line di Cipro, ovvero la linea di demarcazione – costituita in parte da un vero e proprio muro, oltre che da fili spinati e “terre di nessuno” – che divide la parte sud dell’isola, greco-cipriota, che nel 2004 ha aderito all’Unione europea, dalla parte nord, dal 1974 occupata dai turchi e autoproclamatasi Stato indipendente. L’ultima trovata in materia è il muro tra la Grecia e la Turchia ancora in costruzione, per impedire l’ingresso dei migranti asiatici. Il mar Mediterraneo – lo sappiamo – non è un muro, ma è come se lo fosse.

I meno noti. Ci sono poi i muri meno conosciuti, come quello tra India e Bangladesh lungo 4.000 km o quello di 2.700 km nel deserto del Sahara, nel territorio conteso tra Marocco, Algeria e Mauritania. O i tanti piccoli muri come quelli che in Brasile separano i quartieri ricchi dalle favelas, per difendersi dalla criminalità. A San Paolo c’è dal 1978 il muro di Alphaville e tanti altri sono sorti nelle grandi città come Rio de Janeiro e Salvador da Bahia. Ci piace concludere e festeggiare l’anniversario della caduta del muro di Berlino con una frase dello storico Frederick Taylor: “Puoi fermare le persone, puoi porre loro dei limiti ma troveranno sempre una via”.