Famiglia

Beati i miti

Il primo destinatario della nostra mitezza non può che essere il coniuge: un sorriso, un gesto di tenerezza gratuito, evitare l’uso di parole violente.

Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Le parole di Gesù arrivano più rivoluzionarie che mai, perché la mitezza – ai suoi giorni come ai nostri – non viene considerata una virtù, ma se mai una fragilità d’animo. Invece, in contrapposizione ad ogni forma di violenza, di sopraffazione e persino di classificazione delle persone (per la loro provenienza, per la loro condizione economica, per le loro idee…) a cui tendono le nostre società, Gesù propone uno stile alternativo, agli antipodi, lo stile da lui adottato nella sua vita terrena, uno stile che resta valido anche e soprattutto quando si tratta di testimoniare la propria fede. Non si può scagliare il Vangelo addosso a coloro che si vuole convertire, lo stile del cristiano è sempre improntato alla mitezza di cui sopra: una sorta di vademecum ovunque valido che contribuisce alla stessa qualità della vita. “Se viviamo agitati, arroganti di fronte agli altri, finiamo stanchi e spossati. Ma quando vediamo i loro limiti e i loro difetti con tenerezza e mitezza, senza sentirci superiori, possiamo dar loro una mano ed evitiamo di sprecare energie in lamenti inutili”(GE 72). I miti erediteranno la terra, cioè vedranno compiute nella loro vita le promesse di Dio, è come dire che anche attraverso questa beatitudine si raggiunge la santità ma come viverla nel nostro cammino quotidiano, nello spendersi dei giorni in famiglia? Molte sono le situazioni che possono essere d’esempio: innanzitutto va considerato che il primo destinatario della nostra mitezza non può che essere il coniuge. Un sorriso, un gesto di tenerezza gratuito, riuscire ad evitare l’uso di parole violente e tanto meno avere atteggiamenti aggressivi con la propria moglie o marito questo è il primo campo della mitezza famigliare. Poi ovviamente con i figli nella difficile dialettica fra oneri educativi e stile pedagogico il tratto distintivo può essere quello di chi è mite perché non deve dimostrare nulla, ma solo amare i suoi “piccoli” perché crescano secondo il suo esempio. Davvero siamo una generazione che ha bisogno più di testimoni che di maestri e questo vale più che mai in casa. C’è una mitezza che si dimostra nel salutare chi si incontra per la strada, è, se vogliamo, la stessa affabilità di cui parla San Paolo. Presentare uno sguardo benevolo nei confronti del prossimo perché capace di mettersi nei suoi panni. Immedesimarsi nell’altro, voler comprenderne le ragioni. Riuscire a sedare un litigio con le sole armi della parola. Confidare con fermezza che la correzione fraterna non può mai essere disgiunta dalla dolcezza. Aiutare chi ci sta attorno a vedere il positivo come predominante, il famoso “bicchiere mezzo pieno”, ma anche vincere la vanità e l’orgoglio che spesso assediano la nostra coscienza e accreditare in modo pacifico una vittoria o una supremazia ad un avversario. Perfino l’utilizzo dei beni della terra può essere esercitato con mitezza nella misura in cui prendiamo ciò che ci serve senza sprecarlo e sempre pronti a condividerlo. Essere miti significa andare controcorrente ma secondo il Vangelo.

Giovanni M. Capetta per il Sir