Ottocentenario Francescano

Ascoltare, camminare, annunciare: queste le chiavi dell’ottocentenario francescano

Un’intensa mattinata all’insegna di san Francesco e nella prospettiva dei momenti culminanti della sua vita terrena per il Coordinamento ecclesiale per l’ottavo Centenario Francescano, ricevuto in udienza da papa Francesco

Un’intensa mattinata all’insegna di san Francesco e nella prospettiva dei momenti culminanti della sua vita terrena. È stata quella vissuta da quanti ruotano attorno al Coordinamento ecclesiale per l’ottavo Centenario Francescano, ricevuti in udienza nella mattina del 31 ottobre dal Santo Padre.

Riunite in Sala Clementina, circa trecento persone si sono messe in ascolto delle parole del Pontefice, salutato a nome di tutti da padre Massimo Fusarelli, ministro generale dei Frati Minori.

E papa Francesco ha iniziato il suo discorso a partire dalla scelta del nome: quello di un santo tanto popolare quanto incompreso. È infatti pacifico riconoscere in Francesco «l’uomo della pace, l’uomo della povertà, l’uomo che ama e celebra il creato»; meno immediato è riconoscere che la sorgente di questa vitalità va cercata in Gesù, che Francesco segue fino alle estreme conseguenze, fino a sfidare il senso del ridicolo o qualcosa di anche più difficile, come l’incontro con il lebbroso. Francesco ha seguito il Vangelo alla lettera, ha vissuto «l’imitazione di Cristo povero e l’amore per i poveri in modo inscindibile, come le due facce di una stessa medaglia».

Non una ricorrenza rituale, ma un’occasione di fede e attenzione per i poveri

Ed è proprio questo il punto che il Papa sottopone al coordinamento ecclesiale: il desiderio di non fare del prossimo Centenario francescano una ricorrenza non rituale, ma farne l’occasione «declinare insieme l’imitazione di Cristo e l’amore per i poveri» grazie «all’atmosfera che si sprigiona dai diversi “luoghi” francescani, ciascuno dei quali possiede un carattere peculiare, un dono fecondo che contribuisce a rinnovare il volto della Chiesa».

Una ricorrenza in tre tappe

La prima tappa di questo itinerario francescano, in ordine cronologico (1223), è Fonte Colombo, a motivo della Regola, insieme a Greccio, luogo del Presepe. Il Pontefice vi riconosce «un invito potente a riscoprire nell’incarnazione di Gesù Cristo», e dunque nell’uomo, «la “via” di Dio» e, di conseguenza, «l’unica “via” della Chiesa».

La Verna con le stigmate (1224) rappresenta invece «l’ultimo sigillo», che rende il Santo «assimilato al Cristo crocifisso e capace di penetrare dentro la vicenda umana, radicalmente segnata dal dolore e dalla sofferenza». Come scritto da san Bonaventura, «la carne santissima» di Francesco, «crocifissa insieme con i suoi vizi», trasformata «in nuova creatura, mostrava agli occhi di tutti, per un privilegio singolare, l’effigie della Passione di Cristo e, mediante un miracolo mai visto, anticipava l’immagine della resurrezione».

Infine, Assisi (1226), con il Transito di Francesco alla Porziuncola, svela del cristianesimo l’essenziale: la speranza della vita eterna. «Non è un caso – ha notato il Papa – che la tomba del Santo, collocata nella Basilica Inferiore, sia divenuta nel tempo la calamita, il cuore pulsante di Assisi: segno inequivocabile della sua presenza di colui la cui “mirabil vita / meglio in gloria del ciel si canterebbe”».

Ascoltare, camminare, annunciare

Sembrerebbe tutto chiaro, eppure «dopo otto secoli, san Francesco resta comunque un mistero» e la sua personalità resta tanto trascinante quanto enigmatica. L’unica pista da seguire, secondo papa Francesco, è quella di «mettersi alla scuola del Poverello, ritrovando nella sua vita evangelica la via per seguire le orme di Gesù». Un proposito tradotto in tre verbi: «ascoltare, camminare e annunciare fino alle periferie».

Ascoltare, in primo luogo, come Francesco davanti al Crocifisso, che sente la voce di Gesù che gli dice: “va’ e ripara la mia casa”. Credeva si trattasse di di fare il muratore e riparare un edificio fatto di pietre, salvo scoprire un poco alla volta di essere chiamato a dare il suo contributo per la vita della Chiesa, «amandola e lavorando perché in essa si riflettesse sempre più il Volto di Cristo».

Poi camminare, perché Francesco è sempre stato un viandante, ha attraversato a piedi innumerevoli borghi e villaggi d’Italia «azzerando la distanza tra la Chiesa e il popolo». È l’approccio invocato per la Chiesa: “andare incontro”, piuttosto che di “attendere al varco” «è lo stile di una comunità cristiana che sente l’urgenza di farsi prossima piuttosto che ripiegarsi su sé stessa».

Infine, annunciare fino alle periferie. «Ciò di cui tutti hanno bisogno è giustizia, ma anche fiducia», ha notato Bergoglio, aggiungendo che «Solo la fede restituisce a un mondo chiuso e individualista il soffio dello Spirito». Ed è con questo «supplemento di respiro» che grandi sfide come la pace, la cura della casa comune e un nuovo modello di sviluppo potranno essere affrontate, «senza arrendersi ai dati di fatto che sembrano insuperabili».

Ascoltare, camminare e annunciare: tre chiavi per aprire le porte dell’atteso Centenario Francescano e viverlo in pienezza, come un percorso spirituale e culturale da coniugare al Giubileo del 2025.

(Foto Vatican Media/SIR)