Arte per non dimenticare: intensa Giornata della Memoria al Museo Archeologico Cicolano

Nelle giornate di sabato 27 e domenica 28 gennaio, presso il Museo Archeologico Cicolano, in collaborazione con il comune di Borgorose, si sono svolte manifestazioni caratterizzate da relazioni, letture, filmati e concerti musicali per celebrare “Il giorno della memoria”.

Scrittori e artisti del territorio si sono riuniti, in ricordo delle vittime dell’olocausto, per dare voce agli eventi drammatici di quella fase storica e trasmettere attraverso l’arte profondi messaggi per non dimenticare gli errori di un tragico passato e gridare forte «mai più».

Nel pomeriggio di sabato, Luciano Bonventre e Giovanni Colabianchi, hanno ricordato il contributo del Cicolano alla salvezza di molti ebrei. Il Cicolano è sempre stato un territorio accogliente e i suoi umili abitanti non hanno voltato le spalle alle sofferenze altrui. Mettendo a rischio la propria vita, hanno offerto ricovero, cibo e vestiti. Le famiglie Di Paolo di Santa Lucia di Gioverotondo e Di Matteo di Roccaberardi, hanno nascosto e aiutato, nonostante la povertà del tempo, famiglie ebree con figli piccoli. Le famiglie di Ascenza De Sanctis, Francesca Maceroni, Anna Gallina, supportate dal parroco Don Filippo Ortensi hanno nascosto uomini, donne, bambini ebrei, salvandoli dalla deportazione nei campi di concentramento, tra il 1943/44. E a loro la comunità ebraica di Roma ha donato un riconoscimento come “paese di giusti”. Il documento è custodito con orgoglio presso il comune di Borgorose, come atto di eroismo, di insegnamento per tutte le generazioni.

Sempre nel pomeriggio di sabato il giovane Paolo Corazza ha presentato la sua scultura “Aldilà del filo”. L’opera in argilla naturale, senza colori aggiunti, raffigura un bambino con la divisa a righe che cerca di cogliere un fiore e un filo di ferro spinato lo cinge in una gamba fino a penetrarne la carne. Il fiore incarna la libertà, la vita, che un bambino nella sua innocenza cerca di cogliere ma il filo spinato che incarna la sofferenza, il male, gli impediscono di raggiungere il fiore. La scultura si ricopre di una luce particolare considerando il fatto che Paolo è un artista autodidatta, ha dato vita e forma alla sua creatività e alla sensibilità del suo animo.

La giornata di domenica 28 è stata caratterizzata da esibizioni canore e una molteplicità di letture con racconti dei sopravvissuti che con le loro storie hanno dato il volto a una realtà di atrocità. Alcune, rievocate dalla voce di Pierluigi Felli, sono state estrapolate dal Il libro della Shoah, i racconti di chi è sopravvissuto. È stato così ricordato che, nell’estate del 1938, il Consiglio dei ministri, con la sottoscrizione del re Vittorio Emanuele III di Savoia, emanò le leggi razziali che decretarono l’espulsione degli ebrei giunti in Italia dopo il 1918 e l’allontanamento degli studenti ebrei dalle scuole. Espulsione che si allargò anche agli impiegati pubblici fino ad arrivare all’impedimento di matrimoni misti. Quasi seimila ebrei decisero di emigrare verso la Palestina, Stati Uniti e America del Sud.

Si è quindi data lettura alla testimonianza di Sami Modiani deportato nel campo di Birkenau nel 1942, nato a Rodi isola del Dodecannesco territorio sottratto ai turchi dal Regno d’Italia nei primi del 1900. Una storia toccante che rigonfia gli occhi, un bambino di soli 13 anni che ha vissuto prima il dolore della morte della madre e poi il trauma della deportazione insieme a suo padre e sua sorella. La resistenza fisica per lavorare nel campo garantiva la sopravviveva, chi mostrava segni di cedimento soccombeva nelle atroci camere a gas. E fu così che Sami perse sua sorella e suo padre. Nel tempo anche la sua salute venne meno e subentrò la consapevolezza della morte. Una pura casualità deviò il suo destino: c’era un treno carico di patate, i prigionieri erano pochi e necessitava impiegare nel lavoro anche soggetti malati. E fu così che la sua condanna venne rinviata. Dopo poco tempo l’arrivo dell’armata russa costrinse i nazisti a portare via i prigionieri e distruggere le prove più evidenti degli stermini. Nel tragitto chi si fermava veniva soppresso con colpi di mitra. Sami, allo stremo delle forze cadde svenuto, venne sostenuto da due sconosciuti compagni e poi nascosto su un mucchio di cadaveri. Due angeli, così li ha definiti da Sami, che non li ha mai ritrovati. Ma furono la sua salvezza, quel Dio che aveva imprecato era venuto in suo aiuto, fu trovato dai russi e portato in un villaggio dove erano riuniti altri superstiti.

Nel proseguo del pomeriggio si sono esibiti diversi artisti. Il cantautore Carlo Valente ha eseguito Auschwitz di Guccini, Il mio nemico di Daniele Silvestri e il Disertore di Ivano Fossati, suscitando nella platea un silenzio ricolmo di emozione. Il gruppo Giacomo Proia e i suoi amici hanno proposto Gam Gam, canto popolare ebraico, e La germania parte terza, brano scritto dallo stesso Giacomo Proia, un gruppo di giovani che nella consapevolezza del tema hanno trasmesso con i loro sguardi, gesti e voce un profondo sentimento. Enrico Parteni (insegnante presso liceo scientifico di Avezzano) e la studentessa Giada Cofini, hanno eseguito No More: la voce calda del professore e le note di violino suonate da Giada hanno inondato la sala di vibrazioni e riempito i cuori. La professoressa Dajana Barbonetti e Carmine De Michelis hanno eseguito il tema musicale del film Shindler’s List e, restando in campo cinematografico, il tema de La vita è bella con i ragazzi della banda di Torano. Sempre Dajana Barbonetti, ma con Silvia Franchi, ha poi proposto La terra promessa di Iva Zanicchi. Musiche, melodie di voci penetranti hanno toccato gli animi.

Il gruppo Be Folk, ha cantato Dio è morto di Guccini, A forza di essere vento di De André e Numeri da scaricare di De Gregori. Tra le parole dei canti scorrevano in alto, sul monitor, le immagini dei campi di sterminio. La musica si è intrecciata con le figure dei deportati denutriti e sfiniti. La melodia delle note musicali ha fatto da sfondo alle immagini degli sguardi spenti dei tanti bambini allineati dietro i fili di ferro spinato che circondavano i campi.

Un plauso a tutti organizzatori e ai giovani che attraverso le loro esibizioni sono riusciti a toccare con la delicatezza dell’arte temi così profondi e dolorosi. L’evento si è concluso con il saluto del sindaco Mariano Calisse, che si è congratulato con quanti si sono prodigati per la riuscita di un appuntamento così importante. Il primo cittadino ha elogiato i tanti giovani che hanno partecipato, uniti dalla passione per la cultura e per il territorio.