Argentina: a Jàchal la popolazione protesta per la contaminazione al cianuro provocata dalla miniera

Nella provincia di San Juan alcuni giorni fa una nuova fuoriuscita di una soluzione di cianuro nella valle vicina alle miniere d’oro “Veladero”. La popolazione ha dato vita a un’assemblea permanente in difesa dell’ambiente. Al momento è stata decisa la sospensione delle attività nella miniera. Il dilemma tra la salvaguardia dell’ambiente e la creazione di posti di lavoro

La settimana scorsa è trapelata in Argentina la notizia di una nuova fuoriuscita di una soluzione di cianuro nella valle vicina alle miniere d’oro “Veladero” nella provincia di San Juan, avvenuta sei giorni prima – secondo quanto ammesso dalla stessa ditta Barrick Gold Corporation – a causa della rottura di una tubazione.Immediatamente gli abitanti della piccola città di Jàchal, vicina alla miniera, si sono dichiarati in stato di assemblea permanente, esigendo la chiusura definitiva del progetto “Veladero”, in difesa delle acque minacciate dalla contaminazione.Non è la prima volta che lo sfruttamento delle miniere da parte della Barrick Gold dal 2004 mette a rischio di contaminazione la popolazione delle zone vicine al cantiere. Dal 2011 a oggi gli incidenti registrati sono già cinque e i risultati delle analisi dell’acqua realizzate dall’Università nazionale di Cuyo nella valle che alimenta il fiume Jàchal rivelano negli ultimi mesi l’incremento di zinco, boro e arsenico e presenza di mercurio – per la prima volta – a Mogma, lontano 70 chilometri da Jàchal.

Preoccupati per la salute e per l’ambiente. Da Toronto un comunicato della Barrick Gold avverte che la soluzione di cianuro diffusasi questa volta “non rappresenta nessuna minaccia per la salute degli operai, le comunità o la natura circostante”. Nonostante tale chiarimento, sia la magistratura di Jàchal sia il sindaco e lo stesso capo del governo provinciale, Sergio Uñac, sono stati accusati di proteggere con il loro silenzio gli interessi del gruppo straniero e di aver nascosto la verità fino al momento che la notizia non è stata conosciuta attraverso le reti sociali, cioè di non garantire agli abitanti della zona il diritto all’informazione sull’incidente accaduto sei giorni prima.Nelle ultime ore è stato il governatore ad annunciare che è stata decisa la sospensione delle attività nella miniera e che la Barrick Gold sarà multata ancora una volta, avvertendo allo stesso tempo che se si provasse che non esiste contaminazione la miniera potrebbe essere riaperta.I ministeri nazionali per l’Ambiente e lo Sviluppo sostenibile e dell’Energia sono stati chiamati intanto, dal Parlamento e dalla giustizia federale, a informare sulla fuoriuscita avvenuta nella miniera. Nella stessa settimana, i media hanno rivelato che anche nella provincia del Chubut – dove l’attività della miniera a cielo aperto è proibita da una legge provinciale da quando nel 2003 l’82% della popolazione si espresse contro l’attività mineraria di quel tipo – la ditta Pan American Silver ha rinnovato alle autorità nazionali il suo interesse per l‘estrazione a cielo aperto di piombo e argento nei cantieri denominati “Navidad”.

Una lunga scia di proteste. In questo clima, va ricordato il lungo periodo di proteste (2006-2010) nel quale i vicini della città di Gualeguaychu (provincia di Entre Rìos) – riuniti anche loro in assemblea permanente – manifestarono contro l’insediamento della ditta finlandese Upm-Botnia, nel timore della possibile contaminazione del fiume Uruguay. All’epoca era vescovo di Gualeguaychu monsignor Jorge Lozano che assunse un attivo ruolo nel sostegno dei cittadini impegnati nella difesa ambientale.In questa occasione toccherà sicuramente anche a monsignor Lozano, recentemente nominato da Papa Francesco vescovo coaiutore della diocesi di San Juan de Cuyo, di dover calmare gli animi e orientare il dialogo e le misure concrete verso l’equilibrio tra il rispetto della natura, il cosiddetto “progresso” e la creazione di posti di lavoro sempre invocati dagli operatori economici.Di certo c’è che anche se monsignor Lozano, presidente della Commisione per la pastorale sociale della conferenza episcopale argentina, non è ritenuto un vescovo “con il casco in testa”, cioè compromesso in un’azione a favore dello sfruttamento dell’attività mineraria , ha sempre espresso una visione favorevole alla creazione di posti di lavoro generati da risorse locali, a condizione – naturalmente – che la qualità della vita della gente sia garantita e posta in primo piano.