Afghanistan: molto più di mille papaveri rossi

Partendo dal presupposto che la vittoria si persegue ottimizzando non solo la conduzione delle operazioni sul campo, ma anche la gestione del dopoguerra, ora che si avvicina sempre di più il ritiro occidentale dall’Afghanistan, è giusto domandarsi sul futuro del Paese e su gli effetti che potrebbe avere a livello sistemico la nascita di un’altra zona grigia, “status” del quale gode tutt’ora la Somalia.

L’attuale condizione politica, sociale ed economica dell’Afghanistan lascia presagire la nascita del primo narco-state.

Gli alti graduati della coalizione ISAF ed i funzionari afgani (non corrotti) hanno provato a collaborare per sradicare le piantagioni di papavero da oppio con programmi governativi, riuscendoci solo per il 6%.

Impresa difficile se si pensa che molto più di 75.000 ettari di terreno è attualmente dedicato al papavero, unica fonte di sostentamento per molti poveri contadini e business di oltre 200 milioni di dollari l’anno per i talebani… e non solo.

Il Paese ha assistito negli ultimi due anni ad una completa riconversione della sua economia che si basa ora quasi solamente sul traffico di eroina gestito da una cooperativa formata da capi talebani locali, semplici trafficanti, funzionari governativi, uomini della polizia ed alcuni leader dell’Alleanza del Nord.

Questi ultimi, che contano uomini nel governo di Karzai, si sono da poco riconciliati con i vecchi nemici talebani. Sono i talebani e i signori della guerra del Nord che si spartiscono il grosso del lavoro.

I primi incoraggiano gli agricoltori a coltivare il papavero, provvedendo alle prime spese economiche ed alla protezione, poi ricomprano tutto il prodotto e lo trasformano in una delle 500 raffinerie clandestine sparse nel Paese.

Infine i capi locali, dietro pagamento, scortano i convogli esportando l’eroina attraverso il Pakistan e l’Iran. E pensare che fino a due anni fa i talebani pretendevano solo una tassa islamica del 10% sulle previsioni del raccolto.

Ultimamente poi grazie alla collaborazione dei Leaders del Nord possono usufruire anche dei territori di Turkmenistan, Uzbekistan e Tagikistan per raggiungere il mercato principale: l’Europa.

Un’evoluzione del loro ruolo nel narcotraffico da esattori a gestori della completa catena.

La droga è punta dell’export e bene di vitale importanza per l’Afghanistan e la Jihad da quando la primavera araba ha assorbito la maggior parte del flusso dei finanziamenti provenienti dai Paesi arabi che simpatizzano per la causa.

Eppure il ricavo annuale della vendita di più di 380 tonnellate di eroina non compra solo armi e la fedeltà di nuovi miliziani ma anche ville e macchine costose per i Leaders taliban più importanti che dividono il lusso in quartieri ricchi con l’establishment pachistano.

Clausewitz sosteneva che per vincere il nemico è necessario colpire il suo centro di gravità, ossia il punto da dove tutto ha inizio, da dove fuoriesce linfa vitale in modo da renderlo impossibilitato a proseguire il combattimento.

In questo caso l’obbiettivo principale è rappresentato dai campi di papaveri da oppio e l’Occidente non solo ha fallito il suo compito ma ha rafforzato il suo nemico permettendo che la corruzione dilagasse sotto il governo di Hamid Karzai.