86. “Caritas in Veritate”. Lo sviluppo integralmente umano è prima di tutto vocazione, prima di tutto “cura dell’altro”

Benedetto XVI nell’Enciclica “Caritas in Veritate” ripercorre e aggiorna l’idea di sviluppo presentata nella “Popolorum Progressio” di Paolo VI. Lo sviluppo integralmente umano è prima di tutto vocazione, prima di tutto “cura dell’altro”.

Secondo l’attuale Pontefice, sono diversi i termini con i quali si pone oggi il tema dello sviluppo che occorre aggiornare e porre al centro di una riflessione più adeguata ai tempi che viviamo. «Tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo».

Questo il riferimento essenziale per procedere verso qualsiasi altra riflessione in merito all’idea di sviluppo. La salvaguardia dell’intera persona, ogni sua dimensione, deve essere riconosciuta, valorizzata e difesa, pena la mancata possibilità di parlare di autentico sviluppo. È chiaro che il punto saliente riguarda la dimensione spirituale e la prospettiva della vita eterna: «Senza la prospettiva di una vita eterna, il progresso umano in questo mondo rimane privo di respiro». Il Papa va oltre la già dotta indicazione di Papa Paolo VI, ecco quindi un primo “anticipo” di aggiornamento: lo sviluppo umano rischia di ridursi, oggi più che mai, «(…) al solo incremento dell’avere», perdendo di vista i beni più alti o quanto meno l’educazione e la sensibilità verso di essi, beni le cui radici e le cui fronde hanno solo un nome, la carità, e la cui linfa è il disinteresse.

Non basta la creazione e la fiducia nelle istituzioni, insiste Papa Benedetto XVI, per credere che esse possano conseguire l’obiettivo di “sviluppo”; l’autonomia delle istituzioni non è sufficiente per tranquillizzare la giusta aspirazione e anelito al bene comune e quindi all’autentico sviluppo umano. Le istituzioni da sole non bastano. Lo sviluppo umano integrale richiede «(…) una visione trascendente della persona, ha bisogno di Dio: senza di Lui lo sviluppo o viene negato o viene affidato unicamente alle mani dell’uomo, che cade nella presunzione dell’auto-salvezza e finisce per promuovere uno sviluppo disumanizzato».

Nell’incontro con l’altro, se si esclude la visione trascendete che anima la fede cristiana, si vedrà sempre e solo l’altro, senza accorgersi invece che egli è sempre e prima di tutto immagine di Dio. In tal modo si vive il rapporto con l’altro nel segno dell’amore autentico, un amore che «diventa cura dell’altro e per l’altro». Il tributo che viene reso a Papa Paolo VI continua anche con altri e importanti riferimenti nello svolgersi del primo capitolo della “Caritas in Veritate”.

Infatti si sottolinea come il colto Pontefice indicò quanto la questione sociale fosse ormai diventata mondiale, questione fortemente collegata con i dinamismi tipici dello sviluppo umano, profeticamente letta tenendo conto di due direttrici: da una parte la spinta all’unificazione dell’umanità, aspetto che certamente chiama in causa tutta la portata storica e le vicissitudini più che futuribili strettamente riferiti al fenomeno della globalizzazione, dall’altra l’ideale cristiano di un’unica famiglia umana, ideale che occorre misurare con la legittima attesa che potremmo definire «la globalizzazione della fraternità e della solidarietà». Due direttrice che impongono una sintesi.