Parrocchie

25 anni di sacerdozio per don Zacharie. Festa a Regina Pacis

È stata celebrata a Regina Pacis una Messa di ringraziamento per i 25 anni di sacerdozio di don Zacharie Kongo-Shamba

Non ha seguito il vento della ribellione, quella degli israeliti che a Massa e Meriba misero alla prova Dio nel deserto, ma il vento dello Spirito. In riferimento alle parole del salmo proclamato nella liturgia, don Zacharie Kongo-Shamba, al termine della Messa di ringraziamento per i suoi 25 anni di sacerdozio, a Regina Pacis, ha ricordato come «quel vento non soffiava nel deserto, quel vento soffiava nella foresta equatoriale del Congo, allora chiamato ancora Zaire». E seguendo quel vento era giunto fino in Italia, venendo accolto da seminarista nella diocesi reatina dall’allora vescovo Giuseppe Molinari che lo appoggiò a Regina Pacis, lo ordinò prima diacono e poi prete. E proprio nella chiesa cittadina dedicata alla Regina della Pace si tenne, il 6 gennaio del 1994, la sua ordinazione presbiterale.

Ha ricordato il parroco di allora, don Lucio Tosoni, che lo accompagnò al sacerdozio e lo ebbe per un po’ come vice parroco. E il precedente, don Vincenzo Santori con don Luigi Bardotti, con cui aveva trascorso i primi tempi nel servizio pastorale. E rievocando quel giorno in cui, nel presbiterio di Regina Pacis, dinanzi a monsignor Molinari disse «Sì, lo voglio» ha ringraziato tutti i presenti che, a pochi giorni dalla ricorrenza del 25° di ordinazione, hanno voluto condividere il piccolo momento di festa, partecipando, nel giorno della memoria liturgica di sant’Antonio Abate, all’eucaristia presieduta dall’attuale pastore della Chiesa reatina, il vescovo Domenico Pompili. Con lui e don Zaccaria concelebravano il parroco don Ferdinando e altri due sacerdoti (don Davino e don Jean Baptiste, quest’ultimo anche lui figlio della terra africana), col diacono Giuseppe, presente il coro, le suore e diversi parrocchiani, che poi si sono stretti a don Zaccaria per un piccolo rinfresco e un dono per festeggiarlo.

Un ritorno a Rieti, dal luogo in cui negli ultimi mesi don Zaccaria si trovava per un periodo di cura, proprio per rendere grazie al Signore nella comunità ecclesiale che lo ha accolto e generato al ministero presbiterale. A lui l’augurio di monsignor Pompili, nell’omelia, prendendo spunto dal brano evangelico del giorno, di sperimentare quello che Gesù insegna: non cercare l’umana gloria, ma l’intima comunione con Dio, per essere davvero capace di condurre a lui. Infatti, ha detto il vescovo, Gesù, rifuggendo la fama, aveva raccomandato al lebbroso risanato di non spargere la voce della sua potenza taumaturgica, ma questi non aveva obbedito e così tutti lo cercavano. Ma a lui non piaceva essere l’idolo delle folle e aveva preferito restarsene in solitudine: «Una scelta che potrebbe sembrare ai nostri giorni un po’ strana, visto che oggi è proprio la solitudine è un problema, ma c’è una bella differenza con l’isolamento: la solitudine è un medicamento prezioso, perché chi non sa stare da solo non sa nemmeno stare con gli altri. La solitudine di Gesù non è però una fuga: nonostante questa sua solitudine, “tutti andavano presso di lui”. Gesù mostra di avere una tale attrattività. Esattamente come sant’Antonio abate, che faceva l’eremita ma tutti andavano da lui. A riprova del fatto che quando uno è davvero unito a lui non solo sta bene lui ma finisce per attirare a sé gli altri».

Allora, ha concluso il vescovo, «occorre essere come cristiani, e in particolare come pastori, capaci di attrarre, perché il cristianesimo nasce non per proselitismo, ma per attrazione». E proprio questo augurio ha voluto rivolgere al prete africano festeggiato nelle sue “nozze d’argento sacerdotali”: «che dopo questo periodo un po’ di solitudine possa tornare in mezzo a noi quanto prima per continuare a svolgere la tua missione di pastore e attrarre al Signore tante anime».