24 ore per il Signore: l’omelia del Vescovo

Carissimi fratelli e sorelle,

celebriamo l’Eucaristia di questa quarta domenica di Quaresima al termine di una giornata speciale, voluta dal Sommo Pontefice, Papa Francesco.

Una grande preghiera di adorazione e di espiazione per le nostre colpe e le nostre mancanze e opacità, in preparazione alla Pasqua.

Sono state molte le organizzazioni e le persone che hanno preso parte alla preghiera e alle confessioni qui nella nostra cattedrale e questo mi ha molto sorpreso in senso positivo.

L’adorare e il confessare sono elementi molto comuni non solo alle religioni in genere, ma all’uomo in particolare: l’adorare nasce dalla meraviglia, dallo stupore; il confessare dalla riflessione critica circa la nostra natura umana e dalla nostra capacità di uno sguardo retrospettivo alle nostre azioni. Essi sono ravvisabili anche nelle letture che abbiamo ascoltato.

Nel Vangelo abbiamo udito il racconto del noto miracolo del “cieco nato”. Ben sappiamo che la cecità a cui si riferiscono Gesù e lo stesso evangelista non è quella fisica ma quella spirituale, quella della fede.

Lo sguardo della fede va oltre ciò che appare, come avviene nell’Eucaristia, come avviene nella confessione.

La condizione umana è ben descritta nei testi che abbiamo ascoltato, sia nel Vangelo che nelle letture che lo precedono.

Nel testo giovanneo viene scrutata in modo profondo l’adesione di fede; intanto essa genera “dissenso” – dice così il testo – tra quelli che credono e quelli che non credono. Quelli che non credono pongono delle domande a chi ha fede e non sono soddisfatti delle risposte. Replicano proprio additando i peccati di chi ha fede. Come vedete è una vecchia critica, come se chi ha fede debba per forza essere immune dal peccato o sia comunque esente dal peccato!

Certo che no! Chi ha fede è peccatore come gli altri, forse di più, ma sa che la sua vita è in uno stato di progresso verso la purificazione, e misura se stesso con il traguardo della perfezione.

Mi ha veramente colpito questa profondità del testo in relazione anche alla giornata di adorazione e di pentimento proposta a tutta la Chiesa dal Papa.

Qui noi troviamo molte risposte alle nostre domande, legittime e doverose, su cosa sia la fede.

Ma diamo uno sguardo alla prima lettura, dove abbiamo udito la narrazione della scelta del Re Davide. Il testo è esplicito. Dio vede ciò che l’uomo non vede; l’apparenza può essere fuorviante, può essere illusione e indurre in errore.

Viene scelto il più giovane, il più inesperto, chi lavora nella periferia e in “pascoli” dimenticati e lontani, per fare il Re e per svolgere una specifica missione.

Certo è che chi pensa di essere più in alto, di avere maggiori opportunità, resta deluso e amareggiato. Ma a volte lo Spirito – dice così il testo – irrompe, improvviso, risolutivo. Spiazza tutti, sorprende tutti. È la “irragionevolezza della fede”, possiamo chiamarla così. Nella fede, come nell’amore, vi è un certo grado di irragionevolezza.

Vorrei richiamare la vostra attenzione su due elementi fisici, che presentano affinità e differenze: il fango, di cui al testo evangelico, che viene posto sugli occhi del cieco nato e l’olio, di cui viene unto il nuovo Re di Israele.

Elementi della natura che esplicitano – potremmo dire così – quasi la ambivalenza della natura umana: il peccato, rappresentato dal fango, e la grazia, rappresentata dall’olio.

Il fango: usiamo anche oggi questa immagine per parlare di cose torbide e negative, se rimosso tuttavia, dà la luce; il peccato se tolto ridona la vista e la gioia. L’olio, che invece ancora oggi è il segno della grazia in alcuni Sacramenti della nostra tradizione cattolica, rende belli, trasfigura, illumina.

In queste ore in cui ci siamo alternati nella preghiera di ringraziamento, di adorazione, di lode, noi ci siamo immersi nell’olio della gioia, della grazia, della pace interiore, sottolineata e rafforzata dal Sacramento della Penitenza che ci ha tolto il fango, ci ha dato la serenità, ci ha fatto recuperare le forze, le certezze, le sicurezze, la fiducia in noi stessi e negli altri.

Ora comprendiamo meglio perché questa domenica si chiama “Laetare”, cioè “rallegratevi”, perché a noi è dato di poter vedere senza fango, senza veli, senza oscurità, ciò che appare in tutta la sua lucentezza e luminosità, cioè quell’olio della grazia che ci santifica.

Che cosa, dunque, abbiamo fatto in queste “24 ore per il Signore” se non provare una grande gioia interiore, addirittura un’allegria per la sua presenza sacramentale e per la comunione che si è creata tra coloro che hanno preso parte all’evento di fede e di grazia?

Allora ci appare anche più chiaro cosa sia la fede per noi credenti e ci appare anche meglio chi siamo noi credenti.

Non siamo dei privilegiati o dei fortunati, o uomini e donne migliori e superiori, se è vero che i peccati li facciamo come tutti gli altri e se è vero che la fede ne abbiamo poca come tutti gli altri, comunque non più solida di quella del cieco di Gerusalemme.

Come dice il mio confratello Vescovo Bruno Forte, “il credente è un ateo che si sforza ogni giorno di credere”. Noi aggiungiamo che ogni giorno il credente cerca di credere togliendo quel fango che si accumula nella vita e nella coscienza, con il sacramento della Penitenza e con quello della Eucaristia, riconoscendo che il Signore “è un profeta”, un uomo grande, e dunque il Figlio di Dio che è venuto a darci una grande speranza e una grande promessa: la salvezza!

Fratelli e sorelle carissimi, siamo nell’anno dedicato alla famiglia, e nei mesi di preparazione al sinodo universale voluto dal Santo Padre.

Molte nostre famiglie hanno ancora l’opacità del fango sugli occhi, che impedisce loro di vedere oltre, di scorgere la salvezza, di sanare i conflitti, di dialogare.

Ma noi non possiamo rinunciare alla speranza che queste opacità vengano rimosse, che una nuova luce venga ad illuminare il loro percorso, perché possano brillare e profumare di quell’olio che prefigura la salvezza.

Queste “24 ore per il Signore” che abbiamo avuto la gioia di celebrare, con la partecipazione di tanti, ci donano anche un vigore nuovo, una forza spirituale che ci protende verso la Pasqua, verso il traguardo della nostra liberazione e della nostra salvezza. È un mistero grande; è un grande dono a cui noi vogliamo corrispondere con fervore e con convinzione.

Il Signore ci sostenga in questo proposito e ci benedica!