10. L’organo della chiesa del monastero di Santa Chiara

Un organo in S. Chiara esisteva da prima del 1649, quando Salvatore Porrina (I) costruì appunto la cassa per l’organo della chiesa di quel monastero e probabilmente anche la cantoria.

Circa un secolo dopo, non sappiamo se questo o un altro organo, fu indorato, come si legge in un libro di spese del monastero:

«Nel mese di giugno 1731 fu indorato il capoaltare e colorite le quattro statue, come ancora fu indorato il coro, organo» ecc.

L’organo di Adriano Fedri

Ma neppure vent’anni più tardi, si vende il vecchio e si fa il nuovo organo ad opera dell’attivissimo e famoso Adriano Fedeli-Fedri. Lo documentano una carta posta all’interno della segreta dello stesso strumento e una notazione di spesa del monastero del 1749. Nella carta si legge:

«Io Adriano Fedeli feci in Rieti A<n>no Do<mi>ne [sic] 1748».

Dalla nota di spesa apprendiamo altri interessanti particolari. Dice infatti:

«Si fa ricordo come nel presente anno 1749, essendo ministra la madre suor Angela Ludovica Gentili da Rieti, fu fatto nella nostra chiesa il novo organo, compito [= completo] di trombe, alabue [= oboe], arpa, cornette, rosignolo e cucco, l’artefice del quale fu il signor Adriano Fedele, e fu pagato duecento quattordici scudi e bai novanta. Di più gli fu fatta la sua cassa con tutti gli ornamenti da maestro Salvatore Porrina e fugli pagato scudi 98,16. Di più si slargò l’orchesta, colla aggiunta di due coretti e fu dato a mastro Giovanni scudi cinque bai 86. Per oro e indoratura ed altro scudi 69 (?), che in tutto somma scudi 429,61. Qual somma proviene dal organo vecchio scudi 42».

L’informazione è completa: l’organo fu costruito da Adriano Fedri e pagato scudi 214,90, la cassa fu fatta da Salvatore Porrina (III), la cantoria o orchestra precedente fu ampliata da un certo mastro Giovanni coll’aggiunta di due coretti, le parti da indorare furono dorate e, infine, dalla vendita del vecchio organo si ricavarono 42 scudi. Qualche osservazione: Adriano Fedri in quegli anni era a Rieti, dove nel 1748, contemporaneamente a quello di S. Chiara, lavorava alla realizzazione del grandioso organo della collegiata di Contigliano, suo capolavoro in assoluto, e nel 1752 all’organo della cattedrale di Rieti; suo anche l’organo del bel tempio di S. Felice di Cantalice (Rieti), come ho già scritto altrove. Salvatore Porrina di Rieti, che chiamo “III” per distinguerlo dai suoi omonimi della stessa prolifica famiglia di artisti, è attivo in città dal 1730 al 1750. Credo che a lui, come già al suo omonimo antenato del secolo precedente, si debba anche il disegno e le decorazioni della cantoria, che in precedenza occupava solo la parte centrale della piccola abside sopra il vecchio coro e che in questa circostanza fu prolungata ai due lati e sapientemente modulata in linee curve per meglio adattarla allo spazio angusto dell’abside. Oggi però è quasi del tutto coperta dal mastontico e goffo altare maggiore.

Nel secolo successivo l’organo del Fedri fu prima accomodato da un anonimo (1835), poi in parte rifatto e ammodernato ad opera dell’organaro Venceslao Mastrangeli (1857), in quegli anni molto attivo in Sabina e che nel 1858 è detto «dimorante a Rieti». Di questo secondo intervento, che s’inquadra in un contesto di rinnovamento più generale dell’edificio, resta la seguente memoria:

[Nel 1857 fu restaurata la chiesa e] «tinteggiato a oglio» [anche] «la cassa dell’organo, orghesta e il così detto corone». «Susseguentemente nell’istesso anno fu restaurato parimenti l’organo. Il ristauro di questo consistette in supplire a diverse canne mancanti nel pieno, che erano state derubate. Nella riduzione del Flauto in ottava in vece di quinta, in cui era in origine, col debito aumento di canne che seco portò la riduzione. Finalmente nel dare diversa disposizione ai mandici [sic]. L’intero lavoro portò la spesa di ducati 63,50, de’ quali ducati 50 furono dati all’organaro Vinceslao Mastrangeli, e gli altri furono spesi per legnami e lavoro e chiavaro, compresavi una regalia di ducati 3,21 che fu data al signor David Marcucci, il quale fu deputato a sorvegliare l’organaro, affinché fosse esatto nel lavoro».

Dieci anni dopo (1868) l’organo del Fedeli accompagnò il solenne triduo tenuto in S. Chiara per la canonizzazione di padre Leonardo da Porto Maurizio, ben noto ai reatini per aver predicato più volte in città e dintorni. Per l’occasione, come si legge in una compiaciuta annotazione, la chiesa del monastero fu

«parata con grande eleganza, talchè faceva un effetto bellissimo e a memoria d’uomo mai veduto. Nei primi due giorni la musica fu eseguita dalle religiose con l’accompagno dell’organo, le quali furono di pienissima soddisfazione avendo cantato Litanie e Tantum ergo di valenti maestri».

L’organo, notevole esemplare dell’abilità del maggiore dei Fedri, si presenta oggi, come a metà del 1700, racchiuso in un’artistica cassa lignea ad una sola campata dipinta di grigio e decorata con ricchi fregi finemente dorati ad oro zecchino. In alto, a destra e a sinistra, due putti fiancheggiano la cornice, che reca nel fastigio lo stemma francescano sorretto da due cherubini e sormontato da una corona. La cantoria, incassata sopra il vecchio coro, ha uno sviluppo curvilineo, è dipinta di grigio ed è abbellita da cherubini, volute, festoni e cornici mistilinee, il tutto messo ad oro. Cassa e cantoria – come già detto – si devono a Salvatore Porrina (III), artista e artigiano di grande abilità e raffinatezza. L’opera, di spiccato gusto rococò, risulta nel suo complesso armoniosa e condotta con intaglio sicuro ed elegante.

Lo strumento è stato restaurato l’ultima volta nel 1979 dalla ditta Fratelli Ruffatti di Padova e accordato qualche anno dopo. Allo stato attuale è inservibile.