Preghiera e correzione fraterna, nell’omelia della Messa il vescovo indica la via del camminare insieme

La benedizione «sul nuovo cammino che oggi iniziamo insieme, giovani e adulti», ha detto il vescovo Domenico prima di benedire l’assemblea, ha concluso la Messa, solenne e festosa, con cui si è sciolta la convocazione dei tre pomeriggi svolti al centro pastorale di Contigliano.

Dopo le indicazioni offerte per questo cammino, monsignor Pompili ha consegnato alla comunità diocesana un ulteriore stimolo a questo cammino comune. Che è poi la via della fraternità, felicemente annunciata dalla liturgia domenicale e dal brano evangelico sulle condizioni per essere davvero – attraverso la correzione fraterna – una comunità unita nel suo nome. Per Gesù, ha detto don Domenico, «non basta la semplice convivenza per creare una comunità. Lo sappiamo per esperienza: pochi sono gli amici a differenza degli amiconi, dei compari, dei compagni di merenda, dei colleghi…». Anche nella coppia «non basta essere marito e moglie se non scatta qualcosa di più intimo e duraturo». Venendo invece all’essere Chiesa, anche qui, ha invitato a riflettere il vescovo, ci dobbiamo chiedere se basti «essere riuniti come in questi giorni per essere veramente uniti». Perché per essere davvero comunità «ci deve essere qualcosa di più alto che ci riunisca. Senza questa convergenza dall’alto si rischia di essere solo accanto, giustapposti e mai veramente uniti all’altro».

Ecco allora la concretezza di Gesù, il quale ci insegna che la sua presenza tra noi «accade quando ci prendiamo a cuore le sorti dell’altro. Ma non come degli impiccioni che si fanno gli affari altrui, ma quando sentiamo che l’altro non è indifferente». Ben diversa, infatti, la via evangelica della correzione fraterna da quella curiosità da “servette” e da quello spettegolare che sappiamo bene non essere certo un qualcosa da cui sono esenti i nostri ambienti ecclesiali… «Oggi siamo diventati più curiosi e pettegoli, ma raramente ci facciamo carico dell’altro. Stigmatizziamo gli altri, li ridicolizziamo, ma difficilmente ce ne facciamo carico». E invece la parola di Dio viene a provocarci chiedendoci un passo «più esigente e capovolge la parola di Caino: “E chi è mio fratello?”».

Assieme alla correzione fraterna, Gesù «aggiunge un’altra strada: la preghiera comune». Sono queste due caratteristiche «della vita ecclesiale che fanno l’unità. E ci dicono che se per un verso bisogna imparare a gestire i conflitti nel nome della chiarezza e del perdono, dall’altro dobbiamo apprendere l’arte di chiedere insieme la cosa più importante». Che oggi, ormai si è capito dopo i tre giorni dell’incontro, è «un nuovo incantamento per i giovani e non per loro soltanto», ma «anche per noi adulti. Perché io destino è comune». E se i giovani, per dirla con san Giovanni Paolo II, ci sono necessari «come sono le sentinelle», e ci indicano la strada, essi però «non possono fare a meno del nostro sostegno per non perdersi».

E dunque l’invito del vescovo alla composita assemblea eucaristica radunata nell’aula magna del centro pastorale è a tornare a casa con la persuasione che «abbiamo da riprendere la strada insieme».