Martini un anno dopo: “grazie per il suo amore a Gerusalemme”

Il noto biblista, docente allo Studium Biblicum Franciscanum, padre Frédéric Manns ricorda il cardinale Carlo Maria Martini, ad un anno dalla morte (31 agosto 2012)

“Per amore di Sion non tacerò” (Is 62,1): questa frase del profeta Isaia riassume la vocazione del cardinale Carlo Maria Martini. Ho avuto la fortuna di avere padre Martini come professore di “critica textus” al Pontificio Istituto Biblico. Fu per me una sorpresa ritrovarlo a Gerusalemme 30 anni dopo.

“Per amore di Sion non tacerò” (Is 62,1): questa frase del profeta Isaia riassume la vocazione del cardinale Carlo Maria Martini. Ho avuto la fortuna di avere padre Martini come professore di “critica textus” al Pontificio Istituto Biblico. Fu per me una sorpresa ritrovarlo a Gerusalemme 30 anni dopo. Voleva scrutare il mistero della città santa prima di avvicinarsi all’incontro finale. Era incatenato dallo Spirito e non sapeva cosa lo aspettasse in Oriente.

Il primo incontro col cardinale lo ebbi ad Ayn Karem dalle suore di Sion che festeggiavano il 150 anniversario della conversione del loro fondatore, Padre Maria Alfonso Ratisbonne. Come c’era da aspettarsi la discussione si svolgeva sul rapporto Israele-Chiesa che la vocazione di Ratisbonne aveva rilanciato un secolo prima. Gerusalemme, la città spirituale e magica, aveva attratto il cardinale da tempo. La città racchiudeva nella sua storia e nelle sue mura tanto fervore, ma anche tanta violenza che fino ad oggi paralizza le memorie. Il cardinale mi ricordava questa tradizione giudaica: “Quando Dio creò il cielo e la terra divise le bellezze del mondo in dieci parti: nove furono date a Gerusalemme e una sola al resto del mondo. Ma le stesse proporzioni furono fatte per la sofferenza. A Gerusalemme Ebrei, Cristiani e Musulmani hanno sofferto e soffrono. La città ha bisogno di consolatori come chiede il profeta: ‘Consolate il mio popolo’. Come Gesù fu il grande intercessore, la Chiesa deve intercedere per il mondo. E uno dei motivi della mia scelta di Gerusalemme. Sono d’accordo con Chouraqui quando dice: Gerusalemme è centrale per Israele, centrale per la Chiesa universale e per la casa dell’Islam perché essa si erge all’incrocio in cui l’Asia incontra l’Africa e si volge all’Occidente. Di qui nasce la speranza che è in questa città che possiamo riconoscere in ogni uomo il nostro fratello perché Gerusalemme è la madre di tutti. Solo il giudaismo e il cristianesimo in un dialogo serio possono promuovere la pace del mondo”.

Un secondo incontro con il cardinale lo ebbi il venerdì santo nel cortile della scuola Omarya dove comincia la Via Crucis. Il cardinale era in borghese e mi disse: “Purtroppo qui ci sono tante divisioni e voglio essere un uomo di riconciliazione. Per incontrare Cristo vivo contemplando la tomba vuota ci vuole una grande semplicità. Dove Cristo ha portato la corona di spine, la sofferenza del mondo prende un senso”.

Il cardinale venne alcune volte allo Studium Biblicum di Gerusalemme per parlarci del suo primo amore, il Codex Vaticanus che continuava a studiare. Mi disse: “Abbiamo dimenticato che la prima missione del sacerdote è di essere l’uomo della parola di Dio. Mosé affidò la Torah al fratello Aronne”. Poi, parlando del padre francescano Bellarmino Bagatti, noto archeologo, aggiunse: “Sono contento che Bagatti abbia ripreso lo studio dei giudeo-cristiani. Che significato teologico può avere a Gerusalemme la ripresa di una comunità di Ebrei cristiani, che si dichiara erede della comunità primitiva? Gerusalemme non è soltanto memoria, è profezia di una Chiesa che ritorna alle sue origini”.

Il ricordo più commovente è legato all’Università Ebraica di Gerusalemme dove i professori dopo aver tradotto il suo libro su Gerusalemme lo presentarono al pubblico. Dopo gli elogi fatti al “porporato” vestito di nero, il cardinale prese la parola per ringraziare gli organizzatori della cerimonia. Disse: “Da giovane gesuita mi hanno insegnato a nascondere i miei sentimenti. Adesso che l’età ha preso il sopravvento, mi è difficile nasconderli. Sono commosso. Gerusalemme è sempre stata per me un centro spirituale di primo ordine. Ho fatto tutto affinché sacerdoti e seminaristi possano venire alle sorgenti della salvezza. Isaia dice che da Sion è uscita la Torah. Sono convinto che la città ha una vocazione profetica. Se dimentica questa vocazione conosce tempi di sclerosi. Ieri come oggi. Non posso dimenticare che la città contiene il Monte Moriah dove Abramo voleva sacrificare il figlio. E il luogo dove Gesù con la sua morte e Risurrezione ha voluto fare di due popoli un solo popolo di figli di Dio”. La conversazione continuò l’indomani per via telefonica. Parlando del mistero di Gerusalemme, mi disse: “Se è vero come dice Urs von Balthasar che la verità è sinfonica, Dio deve essere musica. I Salmi che recitiamo ci invitano tante volte a cantare, a lodare Dio. Come la musica ci introduce in un mondo diverso, cosi Gerusalemme ci apre le porte di un mondo che non abbiamo finito di scrutare. A Gerusalemme, altopiano roccioso, si canta e si danza la gioia dell’essere”.

Grazie, cardinale Martini, per il suo amore a Gerusalemme.