Valle del Lucido: il terremoto dimenticato

Dal 21 giugno la popolazione dei Comuni di Fivizzano – in particolare quella della Valle del Lucido – e di Casola in Lunigiana costretta a convivere con le scosse quotidiane. Migliaia di persone un po’ stordite dal poco dormire, intristite, certo impaurite. Qui di ricostruzione non si parla nemmeno.

Dopo aver passato la notte in tenda, la propria o quella allestita dalla Protezione Civile, si rientra in casa con circospezione, aprendo la porta lentamente, e si scorrono con gli occhi tutte le pareti, quasi si temesse di venire aggrediti da qualche estraneo o di fare un brutto incontro. Si è portati a dare al terremoto le forme di un essere umano malefico o di un animale feroce: “È una brutta bestia. Ti prende a tradimento…”. È per questo, forse, che la notte fa più paura e si tende a trascorrerla al sicuro, lontani dalle mura domestiche, anche se non hanno avuto danni.

Di buon mattino, ci si riaffaccia alle proprie stanze e spesso si scoprono oggetti gettati a terra dalle scosse, o, nei casi peggiori, nuove lesioni alle pareti o calcinacci sul pavimento.

Si passa, così, da un vano all’altro, per riappropriarsi, piano piano, per quanto possibile, dei propri spazi e delle quotidiane abitudini, ma con la porta d’ingresso sempre aperta, per scappare velocemente all’esterno, dopo aver afferrato, se del caso, la valigetta coi farmaci posizionata vicino all’uscita.

Così sta vivendo dal 21 giugno la popolazione dei comuni di Fivizzano – in particolare quella della Valle del Lucido – e di Casola in Lunigiana: migliaia di persone un po’ stordite dal poco dormire, intristite, certo impaurite.

Se, poi, si fanno due passi per le strade o ci si avvicina ai campi di accoglienza, di quante “ storie” si viene a conoscenza! Di quel bambino di tre anni che, sorpreso dal terremoto mentre giocava nella sua cameretta e la mamma era impegnata nelle faccende al piano superiore, terrorizzato dal movimento della casa e vedendo cadere di tutto intorno a sé, per 10 giorni non è riuscito ad andare in bagno. O di quella anziana signora che, prima sempre lucida, una volta nella tenda della Protezione Civile, continuava a chiedere perché tanti monzonesi fossero stati ricoverati in ospedale contemporaneamente. Un signore non è ancora riuscito, nonostante gli incoraggiamenti della moglie, a rimettere piede in casa, dopo averla vista muoversi, dal giardino, quel 21 giugno. Si è rotto la schiena per decenni lavorando sotto ditta , ma anche nei campi, da giovane e da pensionato: ora, quasi ottantenne, per la prima volta si è chiesto perché tanto affannarsi ed ha venduto una delle due mucche, alle quali tiene tanto. E molto altro sarebbe da raccontare.

Ma non solo l’animo delle persone è disastrato; non è da meno il patrimonio edilizio, al pari del paesaggio naturale e di quello urbanistico, che stanno subendo profonde ed evidenti trasformazioni.

I dati, ad un mese dalla prima scossa, sono impressionanti: alla luce delle oltre 1.300 verifiche effettuate sulle case d’abitazione, ben 230 sono state dichiarate inagibili con ordinanza del Sindaco; altre 200 richiedono ulteriori analisi o sono agibili solo parzialmente; 40 non sono utilizzabili per la pericolosità delle case confinanti. E questo solo nel Comune di Fivizzano, in particolare nei paesi di Monzone, Equi e in tutta la valle del Lucido. Se si aggiungono i danni subiti da Casola, Fosdinovo, Minucciano, si capisce quale sia la dimensione delle necessità per la ricostruzione, che, però, richiede determinazione e costanza nella ricerca di possibili aiuti, non lamentazioni inutili. Certo, fa pensare la circostanza che non risulta che la Presidente della Camera abbia telefonato al sindaco Grassi o al sindaco Ballerini, come ha fatto col sindaco di Numana delle Marche, poche ore dopo il sisma che ha colpito quella località.

La gente della vallata, tuttavia, non sta con le mani in mano: molti si stanno attrezzando per procedere ai lavori di messa in sicurezza delle loro case, alcuni stanno occupando, in accordo col Comune e con i proprietari, le case sfitte ed agibili (la legge prevede contributi per il pagamento dell’affitto). Qualcun altro ha preferito andare ospite presso parenti o in affitto nelle città di costa.

Colpisce, poi, il fatto che, almeno a partire da Gragnola e per tutta la valle, si vedano, vicino ad ogni casa, una tenda o una roulotte o una “casina” in legno, che stanno trasformando urbanisticamente il paesaggio.

L’elenco potrebbe continuare con i danni al patrimonio storico-culturale (la pieve di San Martino, le chiese di Monzone Alto, Monte dei Bianchi , Gragnola… Non si sa cosa sia successo al santuario della Madonna del Monte di Equi, perché non ancora raggiunto,….) o archeologico-ambientale ( le Grotte e il museo della Tecchia di Equi, i musei della Stampa di Fivizzano e del Lavoro di Monzone; il sentiero Equi- Vinca, un vero viaggio nella natura e nella storia, oggetto, ora sfumato, di un importante progetto di recupero….).

C’è molto da fare e da rifare, a patto che il terremoto cessi di annunciare la sua presenza quotidiana, come ancora accade, anche se negli ultimi giorni ha agito con “discrezione” (scosse del 2.2, 2.3…), tanto che , dal 21 luglio, la Protezione Civile ha cominciato a smantellare il campo di prima accoglienza di Monzone, l’ultimo ancora rimasto.