Tutti a scuola, nuovi ottimismi e molti dubbi

Suona ufficialmente martedì la prima campanella nelle scuole del Lazio. Si apre uno di quegli anni scolastici che si prospettano densi di incertezze. L’anno di avvio della “Buona scuola” fortemente (ostinatamente?) voluta dal governo Renzi e licenziata quest’estate dal Parlamento, tra mille polemiche e proteste.

L’anno in cui molte cose, stando alle comunicazioni ministeriali ufficiali, dovrebbero in realtà partire in positivo, cominciando da una maggiore efficienza nella nomina di supplenti annuali e dall’avvio del cosiddetto organico dell’autonomia che dovrebbe veder via via potenziato in ciascuna scuola il fabbisogno di docenti. Quanto tutto l’ottimismo dei favorevoli alla riforma sarà giustificato alla prova dei fatti sarà da vedere.

Frattanto le scuole aprono, con un certo disorientamento degli insegnanti che questa legge, nonostante l’ampia consultazione preventiva (a detta di molti in realtà solo di facciata), se la sono vista piovere addosso e che adesso si trovano a dover applicare con un grado di condivisione davvero minimo, con il cocente timore di effetti deleteri per la professione docente quando, restando così la legge, andrà a regime il sistema per cui di fatto anche chi è di ruolo perderà le proprie certezze (dato che non solo i neoassunti ma anche i trasferiti e i perdenti posto saranno soggetti alle chiamate personali “a curriculum” da parte dei presidi).

Gli annunci del mondo sindacale e l’aria che si respira – basta farsi un giro sui social network nei profili dei lavoratori della scuola – non sembrano preludere ad alcuna arrendevolezza, con inviti a mettere in atto tutte le forme legali di boicottaggio della riforma e preparazione di ricorsi, senza escludere l’ipotesi referendum. Il tutto condito dagli strascichi dell’aspra polemica di fine agosto sulle famigerate “deportazioni” che hanno rovinato quella che si pensava essere una festa per la fine del precariato per molti docenti anche laziali, in diversi casi costretti a scegliere tra l’ottenere l’agognato ruolo a migliaia di chilometri da casa e il restare vicino alla famiglia ma perennemente nel limbo del tempo determinato.

Insomma, se le dichiarazioni governative grondano entusiasmo e gli ottimisti si dicono certi che le polemiche si sgonfieranno presto e, col tempo, le novità saranno ben digerite e apprezzate anche da chi oggi sta sulle barricate, l’anno si apre all’insegna del dubbio e della preoccupazione, nonché della delusioni per i tanti che speravano che “buona scuola” significasse finalmente affrontare problematiche organizzative, rinnovare seriamente strutture, assegnare fondi (non briciole), rendere effettiva e realmente diffusa l’innovazione tecnologica, snellire la burocrazia a vantaggio della didattica vera, favorire un autentico coinvolgimento delle famiglie, affrontare una volta per tutte il nodo parità scolastica.

La buona notizia, rispetto ai pessimismi, è che, nonostante tutto ciò, a fare la scuola restano alunni, personale e genitori. Persone concrete, che si misurano con situazioni concrete. Insegnanti che, nonostante mille dubbi e polemiche, entreranno comunque in classe e, al momento di agire, si sforzeranno come sempre di dare il meglio di sé. Ragazzi che continueranno a intrecciare relazioni e a costruire il loro futuro. Famiglie che, tra mille problemi, in qualche modo un occhio ai loro figli che studiano lo daranno o saranno esortati a darlo. A prescindere da dibattiti politici e contrasti legislativi, a scuola la parte “buona” saranno ancora tante, tante persone che ogni giorno la frequentano e la vivono.

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