Se il Comune serve solo a se stesso…

È primavera: non c’è nulla di strano se cresce l’erba. Ma non ci sarebbe nulla di male neppure a tagliarla. Non che l’erba nasconda chissà quali pericoli, ma un verde pubblico così trascurato non può che dare un impressione di sciatteria, disordine ed abbandono.

E se il pubblico non ce la fa, ben venga l’impegno dei “volontari per forza”. Ha pienamente ragione Benito Rosati a darsi da fare. Il giorno di Pasqua ha contribuito alla resurrezione urbana sistemando un praticello vicino al cavalcavia della Questura.

«Credo sia stato un errore lasciare la città con tutta quell’erba alta proprio il giorno di Pasqua» spiega su Facebook. «Cosa avrei fatto io al posto degli Amministratori? Avrei chiamato le persone che “sapevo di poterci contare” e gli avrei dato un decespugliatore e un po’ di miscela. Sicuramente non si sarebbero tirati indietro. Io ho cercato comunque di fare la mia parte».

Il ragionamento non fa una piega, ma abbiamo buone ragioni per credere che questo tipo di strategia non verrà adottata mai. Perché una ventina di “volontari per forza” all’opera, motivati ed efficienti, dimostrerebbero definitivamente la disfunzione comunale.

A che serve infatti un ente che non riesce a fare quel che deve fare? Se dopo essersi fatto pagare il dovuto, il Comune chiedesse ai cittadini di far da sé, ammetterebbe di servire solo a se stesso, dai vertici all’ultimo dipendente.

Lo dicevamo che il volontariato è pericoloso. Ha un potenziale eversivo. Può sovvertire l’ordine costituito! Si comincia con l’erba, ma se l’idea prende piede è fatta. Ben presto i cittadini penserebbero a pulirsi le strade, tappare le buche e cambiare le lampadine dei lampioni. E a quel punto sarebbe naturale pretendere lo smantellamento del Comune, con tutti i suoi inutili stipendi.

Ma questo, ovviamente, non lo vuole nessuno. Dunque l’Amministrazione corra ai ripari, ci metta più impegno, non fosse per altro che per amor proprio. Oltre che per prevenire il bisogno di una paradossale liberazione.

In fondo ha ragione Benito: che «Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» lo dice la Costituzione.