Sant’Antonio e gli usurai del mondo d’oggi

A dispetto di chi se ne lamenta o lo guarda con sufficienza, anche quest’anno il Giugno Antoniano è stato un grande momento di partecipazione popolare. Ne ha fatto esperienza chi si è mescolato alla folla. Lo ha visto chi ha seguito le celebrazioni dallo schermo televisivo.

Una partecipazione che ogni anno porta a domandarsi perché Sant’Antonio attiri tutte queste persone, nonostante siano tempi grami per la fede. Cosa rappresenta davvero questo francescano per quanti si mettono in fila, prendono il cero e si incamminano? E cosa vuol dire per i tanti che dentro alla chiesa di San Francesco si avvicinano al simulacro, toccano la “macchina”, e sussurrano qualche parola? E cosa cercano ancora quelli che più semplicemente assistono?

Antonio viene inteso come strumento per arrivare a Dio? O si invoca il santo come risolutore dei problemi terreni? Probabilmente ci sono questi aspetti, e ce ne sono molti altri ancora. Difficile ridurre la moltitudine di punti di vista che accompagna un fenomeno di queste dimensioni ad un denominatore comune.

Più utile, allora, potrebbe essere il tentativo di provare ad immaginare cosa Frate Antonio direbbe oggi. In quale piega della nostra realtà rintraccerebbe il male maggiore? Su quale sentimento farebbe leva per cercare il miglioramento? Quale sarebbe la sua proposta per una società più giusta e vicina al Vangelo?

Sappiamo quanto Antonio abbia lavorato e predicato contro l’usura. Magari sbagliamo, ma ci viene spontaneo immaginarlo attratto dal problema del debito e dell’interesse sul debito. In fondo nella nostra epoca la logica dell’usuriere è stata elevata a metodo di governo. Cosa regge le austere politiche dei nostri giorni se non l’egemonia dei ricchi prestatori sui popoli indebitati?

«L’usuraio ha i denti sempre in moto, intento a rapinare, maciullare e inghiottire i beni dei poveri» ha scritto Frate Antonio. Nel formulare i suoi Sermones aveva probabilmente di fronte la tragedia di famiglie espropriate della casa e dei beni a causa della cupidigia di qualche ricco prestatore, mai sazio di incrementare i propri profitti.

Ma oggi ad essere espropriati sono interi Stati. È dall’inizio della crisi dell’eurozona che governi e contribuenti pagano per salvare non si sa bene chi o cosa. Di certo non i popoli: per contentare gli appetiti di certi ricchi creditori li vediamo cedere conquiste costate decenni di lotte. Per rimettere i debiti, i governi sono costretti svendere risorse e beni comuni, a privatizzare anche quello che mai si dovrebbe.

Anche grazie ad una accurata manipolazione mediatica, questo scenario si è tradotto in una prassi comunemente accettata. Ma ciò non rende la situazione giusta o sostenibile. Al contrario è causa di continue e inutili sofferenze, di irragionevoli privazioni, di palesi brutalità. Basti pensare alle conseguenze delle dissennate scelte europee sulla vita dei cittadini della Grecia. O alle grige prospettive che ha di fronte anche il nostro Paese.

Ci perdonerà allora il santo se ce lo immaginiamo tuonare contro l’UE, la Banca Centrale Europea, il Fondo Monetario Internazionale. Forse, se fosse Antonio di Padova a mettere sotto accusa il mantra insensato dei mercati, a dire che l’austerità e le liberalizzazioni sono ricette stupide e fallimentari, a smontare il mito del debito pubblico, cominceremmo a crederci.

Ma ovviamente Frate Antonio non tornerà a prendere le nostre difese. Forse, però, nell’inconscio collettivo del Giugno Antoniano, accanto alle pene personali del cuore, della salute e del portafoglio, i devoti portano sotto la statua del frate anche questo sentimento, questo desiderio, questa rivendicazione di giustizia sociale.

In fondo la figura di Antonio è da sempre quella del santo presso cui trovare protezione. Fu amico dei poveri per carità, ma anche perché attento osservatore della società del proprio tempo. Un modo di stare al mondo che legato alla passione per il Vangelo, gli ha in qualche modo permesso una visione profetica sul futuro dell’umanità. E forse è proprio questo che ne rende sempre attuale il pensiero e la testimonianza.

Foto di Massimo Renzi.

2 thoughts on “Sant’Antonio e gli usurai del mondo d’oggi”

  1. Lorenzo Blasetti

    Osservando la “PROCESSIONE DEI CERI”…
    “Ah, come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!”: lo diceva papa Francesco all’inizio del suo pontificato e lo ha ribadito più volte in questi mesi. Chissà se il papa ha avuto modo di vedere l’oscenità religiosa che ancora quest’anno, nonostante i suoi chiarissimi messaggi, si è celebrata per le vie di Rieti?! È mai possibile che nella nostra chiesa si continui ancora ad offrire come espressione di fede l’ostentazione pagana di un santo rivestito d’oro, accompagnato da una moltitudine di gente che, in gran parte, dopo la processione dei ceri, continuerà a trovarsi sempre altrove rispetto all’appuntamento fondamentale della fede cristiana: la Messa domenicale? È mai possibile che, profeticamente, non si dica con chiarezza a questa gente che onorare sant’Antonio senza accogliere il suo messaggio di andare da quel Cristo che la ha rivestito di sé (seconda lettura della Messa di oggi, 23 giugno 2013), rendendolo santo, non solo non è un atto di fede ma è una vera e propria celebrazione idolatrica? E che rivestirlo d’oro per ostentarlo alla curiosità della gente è in netta e blasfema contraddizione con la sua scelta di essere povero? La chiesa di Rieti ha dato ancora un bel messaggio ai poveri di questo mondo, tanti anche nella nostra città, nonostante le scelte concrete e i richiami straordinari di Papa Francesco. E mi domando: che fine ha fatto l’invito che il Vescovo fece qualche anno fa a destinare l’oro di sant’Antonio a scopi più cristiani e non a rivestirne la statua? Parole buttate al vento? Pastorale degli annunci, come la politica di questi tempi? Come può la gente prenderci sul serio quando a parole proclamiamo quello che si dovrebbe fare per essere cristiani e poi lo lasciamo calpestare in maniera così evidente e pacchiana? Torno a papa Francesco: lui fa ogni giorno scelte di semplicità che stanno riaccendendo la speranza di vedere finalmente una chiesa povera e sobria anche nei suoi paludamenti esteriori. A Rieti, da quel che ho potuto osservare, si sta continuando ad andare nella direzione opposta. Fantastico un po’ e immagino il Papa davanti al televisore (la nostra RTR della cui trasmissione è meglio tacere): non è difficile pensare che, sobbalzando sulla sedia, ogni tanto abbia scosso la testa e si sia detto in cuor suo: “Buonasera. A Rieti non hanno ancora capito proprio nulla”. (don Lorenzo Blasetti)

  2. Martino

    “La superstizione, l’idolatria e l’ipocrisia percepiscono ricchi compensi, mentre la verità va in giro a chiedere l’elemosina”

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