Parrocchie oggi: i “messaroli”? Una risorsa!

La Messa della domenica come momento forte per la crescita di una comunità

“Messaroli” o impegnati? Cristiani della domenica o “militanti”? In realtà, si tratta di una falsa alternativa. O meglio: invece che creare barriere tra le modalità di appartenenza ecclesiale, sarebbe meglio partire dalla Messa domenicale come “cartina di tornasole” per una comunità cristiana “adulta, consapevole, riconoscibile”. Parola di don Tonino Lasconi, parroco a Fabriano ed esperto di questioni giovanili. Lo abbiamo intervistato prendendo spunto dal suo ultimo libro, dal titolo “I ‘messaroli’, una risorsa”, in libreria per i tipi di “Cittadella Editrice”.

“Messaroli” e “impegnati”: qual è l’identikit di queste due categorie, e quale nuovo rapporto dovrebbe instaurarsi tra di loro?

“I praticanti sono sempre di meno, invece i ‘messaroli’ – coloro che frequentano la comunità solo in occasione della Messa domenicale – sono in crescita, sono ormai diventati una grande massa. I ‘messaroli’ in realtà sono il popolo di Dio che, pur non essendo assiduo alle attività della parrocchia, vive una fede a volte semplice, ma capace di sostenere scelte fedeli allo spirito del Vangelo nel quotidiano. È questa fetta di gente che possiamo effettivamente educare, a partire dalle sollecitazioni contenute negli Orientamenti Cei per questo decennio. Da persone che vengono a Messa con motivazioni che provengono dall’abitudine, o hanno radici antiche, possono trasformarsi in cristiani convinti. I ‘messaroli’, dunque, sono una risorsa: educhiamo prima di tutto quelli che abbiamo a disposizione tutte le domeniche. Se vengono, vuol dire che le motivazioni ci sono, e sono abbastanza forti: se però li trattiamo con superficialità, o addirittura con sufficienza, negatività e disattenzione, il rischio è che si stanchino e se ne vadano. Per questo bisogna coscientizzarli, visto che il senso del dovere oggi non c’è più”.

Il rischio più frequente è l’ abbandono della Messa domenicale: come superarlo?

“Dando motivazioni vere a chi possiede motivazioni di tipo imperfetto. C’è chi va a Messa perché si ricorda di un precetto, perché deve ricordare i defunti, perché deve farsi perdonare un peccato, perché cerca di ottenere un vantaggio personale… Una ‘pratica’ non sorretta da motivazioni e portata avanti stancamente, oggi, non regge più e tende a consumarsi velocemente, quindi ad essere abbandonata. Per questo occorre far capire ai fedeli che a Messa c’è la Parola di Dio, spiegarla in modo che tocchi la vita, educare a pregare in maniera convinta, far sentire la comunione della comunità”.

Si deve puntare tutto sull’omelia, per “rivitalizzare” la celebrazione eucaristica?

“Io credo che si debba riportare l’omelia a una delle parti della celebrazione, e non la più importante. Anche perché, purtroppo, per molti sacerdoti la Messa è l’occasione per fare una predica lunga, che vola sopra i problemi, con un linguaggio che la gente non percepisce più come proprio. A mio parere, più si incastra la Messa sulla predica, più il rischio è che la gente si disaffezioni e si allontani. Basti pensare al fenomeno del nomadismo domenicale, grazie al quale i fedeli vanno a cercarsi la Messa che ritengono più adatta alle proprie esigenze. Una tendenza, questa, legittima e da non liquidare semplicemente stigmatizzandola. Noi sacerdoti pensiamo ancora di poter pretendere che la gente vada a Messa: spesso ci si accanisce con quelli che non ci vanno, con il risultato che quelli che ci sono sempre si annoiano e i ‘messaroli’ si sentono messi ai margini. In questo modo, non si fa altro che scontentare tutti”.

Tra i credenti, non solo quelli “della domenica”, è in crisi il senso di appartenenza, il sentirsi comunità…

“Quelli che abbandonano è perché non si sentono di appartenere alla nostra comunità. Oggi, infatti, sono saltati i confini territoriali: i genitori, ad esempio, possono andare a Messa dai nonni, che accudiscono i nipoti, oppure vicino al mercato dove fanno la spesa… Non possiamo pretendere che il popolo di Dio sia stanziale: possiamo però, curando la qualità delle nostre celebrazioni, innescare un meccanismo virtuoso che fa sì che la gente si muova. Se la Messa è davvero partecipata, la gente arriva. Ci sono persone che ‘seguono’ un sacerdote che, ad esempio, si sposta di parrocchia, perché si è creato nel tempo un legame spirituale, di empatia, con lui”.

Gli adolescenti sono quelli che rischiano spesso di esseri i primi ad abbandonare la Messa domenicale: come riavvicinarli?

“È un segnale tipico della loro età: se qualcosa non funziona, coi ragazzi ‘salta’ subito. Posso testimoniare che lavorare solo fra i ragazzi, se non c’è una comunità che li sa interessare, dopo un po’ provoca come conseguenza il fatto che se ne vanno via. Se trovano una comunità cristiana ‘attraente’, i giovani sono i primi che rispondono alle proposte che si fanno loro. E così, magari partendo proprio da celebrazioni eucaristiche preparate accuratamente e partecipate, a poco a poco si crea comunità. Nelle nostre parrocchie ci sono già molte buone pratiche: possiamo contare su una grande fecondità di iniziative vivaci, di creatività fantasiosa, di proposte pastorali innovative. Il problema, però, è che spesso rimangono nascoste”.

One thought on “Parrocchie oggi: i “messaroli”? Una risorsa!”

  1. maria laura petrongari

    La bellezza dello spirito del cristiano è che può vivere un pò anche di nomadismo. In fondo i cristiani seguivano Gesù o meglio lo inseguivano dovunque egli andasse per poterlo ascoltare. Così noi cristiani di oggi poichè Gesù è nell’Eucarestia in ogni Chiesa possiamo andare ad adorarlo e ad ascoltare la sua parola ovunque anche in altra parrochia e non credo che questo sia scandalizzante. Ci sono molte persone che provano grande soddisfazione ad ascoltare le letture della domenica per sentirne spiegati i contenuti e poter fare proprie le parole degli evangelisti. C’è fame della parola di Cristo e si ha bisogno di segni che ci riorientino verso la Verità rivelata.Si esce così dalla Messa rincuorati, rafforzati. L’adorazione Eucaristica inoltre, potrebbe essere più diffusa promuovendo l’ingresso nelle Chiese in orari comodi per tutti. Non è che in Chiesa ci si può entrare a comando!.Il credente e ancora più il non credente o il disorientato debbono avere le opportunità di incontrarsi con Dio semplicemente di potersi raccogliere a pensare, meditare e stare un poco con sè stessi in silenzio nella Chiesa:spesso così si può megio ascoltare la voce della propria cosienza ed è già qualcosa di buono.La solitudine genera gravi danni.
    Maria laura Petrongari

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