Londra metropoli da vivere, fra lusso sfrenato e charity shop. Superando gli stereotipi della City

La capitale del Regno Unito ha respinto l’ipotesi del Brexit mentre il resto dell’Inghilterra ha votato per uscire dall’Unione europea. Solo un elemento di quella “diversità” che si sperimenta curiosando tra i quartieri, da Westminster a Greenwich, da Enfield alle rive del Tamigi. Oltre 7 milioni di abitanti e tante, tante curiosità e opportunità

“Quando un uomo è stanco di Londra, è stanco della vita”: l’abbiamo letto ovunque, sulle guide turistiche, sotto la voce “Londra” di Wikipedia, come slogan pubblicitario per vacanze studio. L’aforisma di Samuel Johnson ricalca l’onda ottimistica della capitale come riassunto delle opportunità: “perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offrire”, continua infatti la citazione. Ed è davvero così, è una città per tutti: è ideale per chi ha denaro e vuole dimostrare di averne, per chi approccia la vita con uno spirito di condivisione, per chi semplicemente vive alla giornata prendendo quel che la metropoli può offrire.

Dall’orsetto Paddington alla National Gallery. Un esempio di come la capitale del Regno Unito sia capace di adattarsi alle attitudini dei suoi cittadini lo ritroviamo già in una storia per bambini del 1958, “L’orso Paddington”: il libro di Michael Bond racconta di un orsetto che dal Perù arriva a Londra. Costretto a emigrare quando sua zia Lucy va in una casa di riposo, giunge alla stazione di Paddington, con una piccola valigia e un perfetto inglese. A prendersi cura di lui sarà la famiglia Brown, esponente dell’alta borghesia: lo tratteranno come un figlio, dimostrando come la città non trovi impossibile integrare in società un orso che si definisce “clandestino”. Una tradizione di condivisione che

rispecchia l’esito del referendum del 23 giugno in cui Londra ha dichiarato a maggioranza di voler rimanere nell’Unione europea

senza seguire le sirene del Brexit, vincenti nel resto dell’Inghilterra. E se Londra è disposta ad adottare un orso, sarà anche aperta alla diversità dei suoi cittadini: potranno guardare gratuitamente “I girasoli” di Van Gogh o usare 22mila euro per noleggiare un elicottero direzione Parigi: va da sé che l’eccezionalità dell’esperienza sta nello spirito di chi l’affronta, ma chi siamo noi per giudicare una passeggiata nella National Gallery meno estatica di un volo in elicottero?

Harrods, elicotteri e Chagall. Per tutti, o quasi… Se la capitale offre una serie di attrazioni gratuite, senza che la gratuità ne esautori il prestigio, come il British Museum e la Tate Modern, non mancano opportunità per esibire un gusto che, se non vogliamo chiamare eccessivo, quantomeno è diverso. I grandi magazzini Harrods, per esempio, offrono un servizio di aviazione privata (http://www.harrodsaviation.com/index.html) volta a soddisfare i bisogni più svariati: prelevare il proprio cliente direttamente dallo yacht e accompagnarlo nello shopping con tanto di concierge e champagne o incartare un elicottero con 600 metri di carta da regalo per raggiungere Parigi per pranzo. Nessuno può negare che una visita ai Grandi magazzini, gratuita, possa però regalare comunque forti emozioni: al secondo piano, nella sezione arredamento (http://www.halcyongallery.com/galleries/harrods),in una sala neanche troppo nascosta, si trovano opere di Picasso, Warhol, Chagall e molti altri, ovviamente in vendita, esposte sì per gli acquirenti, ma che costituiscono a tutti gli effetti una galleria d’arte accessibile a chiunque.Un pubblico facoltoso non potrà poi non conoscere il servizio che la National Portrait Gallery offre, questa volta a caro prezzo, alle spose cultrici del bello: l’affitto delle sue sale per la celebrazione del matrimonio (http://www.npg.org.uk/assets/files/pdf/business-hire/Venuehire.pdf) con un costo che oscilla dalle 9.250 alle 22.000 sterline per il solo affitto.

 

E poi c’è la solidarietà. In città trova spazio però anche chi crede che il proprio denaro possa essere indirizzato altrove: Give London (http://givelondon.org.uk/) è un’iniziativa di beneficenza che ha come slogan quello di rendere la città “un posto migliore per tutti”. Si pone come centro di smistamento di fondi per piccole organizzazioni meno note e che non attraggono il supporto del grande pubblico. Numerosissimi poi sono i charity shop,

negozi che raccolgono offerte per la ricerca sul cancro, per ciechi, poveri, malati di cuore oppure gatti randagi.

Gli impiegati sono per la maggior parte volontari che dedicano il giorno libero alla beneficenza, con in cambio l’opportunità di arricchire il curriculum con esperienze (tanto care ai datori di lavoro inglesi) di vendita, gestione e servizio al pubblico. Trovare uno di questi lavori è facilissimo, basta cercare in rete (https://www.charityjob.co.uk/) o soffermare lo sguardo sulle vetrine dei negozi. La diffusione sul territorio di questi locali commerciali – certo con differenze evidenti a seconda dei quartieri in cui sono situati, differenze in termini di campionario, selezione e costo degli articoli in vendita –, la facilità nel trovare posizioni aperte nel lavoro volontario e l’informazione accurata fornita al pubblico, sono elementi che lasciano pensare quantomeno a una consapevolezza del variegato tessuto sociale in cui ci si può imbattere. Non ci sorprenderà incrociare una celebrità in un charity shop alla ricerca di un capo esclusivo o di un’esperienza alternativa: la peculiarità di Londra è quella di aderire a tasche e vocazioni.