Chiesa di Rieti

L’esperienza del MuDA al Rieti Digital, nuove tecnologie a servizio dell’identità culturale

Sabato 16 novembre alle ore 18 presso la sala consiliare del Comune di Rieti, nell’ambito del Festival Rieti Digital, è stata presentata l’esperienza del padiglione multimediale MuDA di Amatrice, un progetto a cura dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Rieti illustrato dall'ingegner Maria Luisa Boccacci

Sabato 16 novembre presso la sala consiliare del Comune di Rieti, nell’ambito del Festival Rieti Digital, è stata presentata l’esperienza del padiglione multimediale MuDA di Amatrice, un progetto a cura dell’Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Rieti illustrato dall’ingegner Maria Luisa Boccacci.

Dopo il lavoro emergenziale, durato circa due anni, rivolto soprattutto alle operazioni di recupero dei beni dalle macerie e di messa in sicurezza degli edifici di culto, la Diocesi ha voluto avviare un processo di valorizzazione del patrimonio culturale da realizzare sul territorio colpito dal sisma. Un processo che si è concretizzato nell’estate 2018, con l’installazione nel paese terremotato di un padiglione espositivo multimediale al cui interno è stata allestita la mostra “Tramandare il Bello. Il recupero dell’eredità culturale per una nuova sintonia con il creato“.

Un’iniziativa nata per dare uno stimolo al territorio attingendo dal patrimonio culturale e artistico e avvalendosi allo stesso tempo delle nuove tecnologie: le innovazioni digitali sono dunque diventate un mezzo espressivo per “far nascere” le opere sotto gli occhi dei visitatori attraverso la realtà aumentata.

L’esperienza presentata dalla Diocesi testimonia il percorso sviluppato nell’ambito dei beni culturali culminato con l’inaugurazione ad Amatrice del padiglione, e che prende il suo avvio dopo la fase emergenziale post sisma, evento che ha interessato un’ampia porzione del territorio diocesano e che, relativamente all’ambito dei beni culturali, ha rappresentato un momento ineludibile per ripensare l’intero operato della Diocesi per quanto riguarda la loro gestione, tutela e valorizzazione.

«Se fin dall’inizio era chiaro l’obiettivo e l’esito di questo processo, che si sarebbe esplicitato e concretizzato nella realizzazione di una mostra, ovvero di una iniziativa aperta al pubblico locale e non, non era altrettanto chiaro con quale modalità e quale aspetto avrebbe assunto l’esposizione. Ci siamo trovati di fronte a vicoli molto forti nella realizzazione – ha spiegato in sala consiliare l’ingegner Boccacci – se da una parte gran parte delle opere d’arte fortunatamente non avevano subito danni irreversibili durante il sisma, quindi questo ci consentiva di poter attingere a un’ampia scelta dei beni da esporre; dall’altra il contesto in cui si operava era costituito da un territorio distrutto in cui mancavano fisicamente strutture ed edifici in cui allestire l’esposizione e in cui assicurare le opere da esporre in un luogo protetto e sorvegliato. Queste considerazioni ci hanno indotto a ricercare una soluzione che permettesse di superare questi limiti e al contempo di garantire un alto livello di gradimento nella fruizione, dal punto di vista estetico, un alto valore contenutistico dal punto di vista storico – artistico, oltre che assicurare fisicamente uno spazio idoneo che abbiamo ricavato installando una struttura prefabbricata, rendendola anche particolarmente accattivante e riconoscibile esteriormente grazie alla contro struttura in tubi e giunti ricoperta con teli stampati. Per quanto riguarda l’allestimento, invece, il ricorso alle innovazioni digitali e tecnologiche, impiegate come mezzo espressivo per “concretizzare” la rappresentazione delle opere, è stata la chiave per raccordare le diverse esigenze e tenere insieme tutti gli aspetti che costituivano il processo».

Ma l’iniziativa si sviluppa anche a seguito dell’esigenza di sopperire a una forte motivazione simbolica: lanciare un segnale e uno stimolo per un territorio ferito fa attingendo alla dimensione del patrimonio culturale e artistico: «Alla base del suo concepimento vi è la convinzione che l’identità culturale, connessa ad una comunità e ad un territorio, sia il caposaldo attorno al quale la comunità stessa trova il suo fondamento e la sua ragion d’essere, alla quale può attingere per guardare al futuro. In questa ottica l’allestimento del padiglione espositivo rappresentava un’ occasione per riallacciare le radici culturali e sociali di un territorio “interrotto” e per promuovere un messaggio di vicinanza alle persone, testimoniando al contempo il lavoro svolto dalla Diocesi e dagli altri enti che hanno operato nella fase post-sisma».

Un progetto che ha sopperito all’assenza fisica delle opere d’arte, conservate e custodite in appositi depositi in attesa di tornare nei luoghi di culto originari, grazie all’applicazione di soluzioni multimediali e digitali. Un video mapping con una narrazione affidata all’effigie della Pala di Cossito accoglie i visitatori, che poi usufruiscono tramite tablet o smartphone della realtà aumentata: ed ecco che per potenza della tecnologia grazie alla scansione tridimensionale appaiono sui piedistalli i sei oggetti selezionati, con tanto di particolari così realistici da sembrare realmente essere presenti, addirittura fino a regalare la sensazione di poterli toccare. Il padiglione è stato realizzato anche grazie al contributo del dottor Giuseppe Cassio, funzionario storico dell’arte della Soprintendenza di zona, che ha curato in prima persona i contenuti della mostra e guidato l’intero iter di elaborazione del percorso espositivo dal punto di vista storico artistico, assicurando un fondato valore contenutistico, oltre che estetico, alla narrazione.

Il padiglione multimediale ha svolto, soprattutto nei mesi estivi, anche un’apprezzata funzione ricreativa e attrattiva a beneficio dei molti visitatori giunti a portare sostegno nelle zone colpite dal terremoto del 2016 e nasce, inoltre, come anticipazione della futura sede distaccata ad Amatrice del Museo Diocesano attualmente ospitato all’interno del Palazzo Papale di Rieti.