Chiesa di Rieti

La coscienza della morte ci rende umani

Accogliere la vita mortale - ha spiegato il vescovo Domenico in occasione della liturgia del Venerdì Santo - è la premessa per vivere la morte vitale dell’amore ‘senza misura’

È stata una riflessione sul senso della morte quella proposta dal vescovo Domenico durante l’azione liturgica del Venerdì Santo. Rivolgendosi ai fedeli presenti in Cattedrale, mons Pompili ha preso spunto dal diverso atteggiamento dei romani e dei giudei davanti agli uomini crocefissi. Per i primi i corpi morti sulla croce vanno lasciati esposti: un’ostensione macabra che serve da deterrente. Per i giudei, invece, i cadaveri meritano rispetto, perché si tratta pur sempre di uomini.

È a questo punto che si comprende perché i cristiani adorano la croce: non certo per esaltarne la funzione di strumento di tortura, di arma per indebolire il nemico, ma perché «la coscienza della morte è ciò che ci rende umani».

E dunque siamo meno umani se, ad esempio, «le centinaia di morti da Covid passano nel dimenticatoio come non esistessero»: una rimozione che «denuncia una perdita di sensibilità, oltre che di responsabilità».

E siamo meno umani anche se ci lasciamo ingannare dall’allungamento dell’età media, perché «ci illudiamo di essere a-mortali» perdendo così «il senso del limite» fino al punto che «non ci si ferma davanti a niente e a nessuno».

Ci rende meno umani anche un’altra rimozione: quella delle diverse stagioni della vita. La persuasione di poter vivere un’interminabile adolescenza finisce con il prorogare indefinitamente l’ingresso nell’età adulta, ed è anche per questo che assistiamo sempre a meno nascite. Emerge quasi un rifiuto a “fare spazio”, mentre «la vita si perpetua solo donandola».

«Al di là di ciò che pensiamo – nota però il vescovo – la morte continua imperterrita il suo lavoro». E stare in silenzio di fronte alla croce, di fronte a Gesù, vuol dire «ritrovare la coscienza della vita e della morte. Per intravvedere nel dono del suo amore il presagio della resurrezione. Accogliere la vita mortale è la premessa per vivere la morte vitale dell’amore ‘senza misura’».