La “Casa di Vita” di Leonessa, segno di memoria, accoglienza e speranza

“Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi … è come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene” (Salmo 1,1.3). Questo albero è grande, viene da lontano ed ha radici profonde e fresche proprio perché ha saputo accostarsi all’acqua di vita che è Dio. Parlo di un albero simbolico, che richiama un tema caro in questi ultimi tempi: l’accoglienza dell’altro.

Lunedì 21 dicembre questo albero ha richiamato attorno a sé tanta umanità, riunita nell’Istituto comprensivo di Leonessa per ricordare un evento accaduto ormai circa 70 anni fa. Questo albero è a Terzone di Leonessa, cittadina in Provincia di Rieti, ed è qui perché la gente che viveva in questa zona periferica dell’Altopiano leonessano, ha accolto nella propria comunità una famiglia di ebrei in fuga dai nazisti.

Fu il parroco di “San Pietro in Cellis” di Terzone, don Lorenzo Gnocchi, che con l’aiuto dei suoi parrocchiani riuscì a proteggere questa famiglia composta da marito e moglie, due figli e un’anziana madre e a dar loro per un anno, fino alla fine della guerra, tutto il necessario per il corpo e lo spirito. Fecero provare loro la ricchezza dell’accoglienza e della reciprocità rischiando la loro vita.

Le pagine della Bibbia parlano di questo stile che deve accomunare i fratelli di una stessa fede e questo è stato possibile realizzarlo grazie alla sensibilità di Margherita Boccanera, nativa di Terzone, che in quel tempo lavorava come cameriera presso una famiglia romana. Saputo del pericolo che la famiglia Pisetzky correva a causa del proprio credo religioso, indicò la sua frazione come luogo ed il suo parroco come riferimento per riuscire ad evitare i campi di sterminio di Auschwitz in Polonia.

E questo accadde grazie anche al fatto che la popolazione intera di Terzone fece corpo con il parroco attorno alla famiglia. Tutti sapevano, ma nessuno parlò neanche quando i tedeschi arrivarono fin lì per sapere appunto se c’erano ebrei in giro da deportare. Avrebbero ricevuto mille lire coloro che avessero denunciato la presenza degli ebrei; ma essi non si lasciarono sfuggire l’occasione di poter mettere in pratica il Vangelo: “…ero straniero e mi avete accolto…” (Mt 25,35).

La Fondazione Internazionale Raoul Wallenberg è una ONG globale nata per preservare e divulgare l’eredità coraggiosa di Raoul Wallenberg e di tutti coloro, donne e uomini, che hanno salvato vittime della persecuzione nazista durante la seconda guerra mondiale. Lo scopo del progetto “Case della Vita” è quello di individuare, segnare e commemorare tutti i luoghi fisici (chiese, conventi, monasteri, scuole, case residenziali, ecc) in cui trovarono rifugio le persone perseguitate dalla macchina di sterminio nazista.

In tale contesto, la Fondazione Wallenberg si è rivolta all’Università Lumsa per coinvolgere attivamente gli studenti nella ricerca dei luoghi di salvataggi, al fine di ricostruire tali eventi e raccogliere le testimonianze dei sopravvissuti. È stato possibile ricostruire questa storia di salvezza e di coraggio, grazie alla testimonianza di Marco Pisetzky, di origine polacca ed oggi scomparso, che ha raccontato dopo settant’anni le vicende della sua famiglia, presso l’istituto comprensivo di Leonessa, il 23 gennaio 2013.

“Don Lorenzo – diceva Marco Pisetzky – non ha assolutamente cercato di convertirci e non ha mai chiesto soldi… Anzi, sapendo che avevamo pochi liquidi, andava in campagna a raccogliere le uova, la carne e ce le portava”. Per questo motivo la Fondazione Wallenberg, l’Università Lumsa e il Dipartimento Beni e Attività Culturali della Comunità ebraica di Roma, hanno offerto questo riconoscimento alla cittadinanza di Leonessa affiggendo una targa commemorativa presso la chiesa di “San Pietro in Cellis”, in Terzone.

La giornata, di grande portata storica, ha avuto inizio presso la nostra scuola di Leonessa dove i ragazzi hanno potuto conoscere e ascoltare tutta la vicenda, rivedere le immagini del signor Marco Pisetzky ed ascoltare dalla sua viva voce alcuni estratti della sua esperienza in Terzone. Particolarmente toccanti le parole ripetute e pronunciate dal testimone: “Sono orgoglioso di essere italiano… cari ragazzi siate buoni e bravi come i vostri antenati”. Dopo alcuni interventi commemorativi dei presenti, tutti ci siamo trasferiti a Terzone per collocare la targa sulla facciata della chiesa a ricordo dell’evento storico, in una splendida giornata di sole invernale.

Ci ha raggiunto nel frattempo mons. Domenico Pompili, vescovo di Rieti, che, prendendo la parola, ha comunicato ai presenti l’importanza ancora oggi dell’accoglienza verso chi è in fuga e cerca di salvare la propria vita dalla altrui gratuita violenza. Il sindaco Paolo Trancassini, davanti ai presenti e soprattutto ai numerosi bambini e ragazzi della scuola, ha voluto invitarci ad assumerci ancora oggi tutti insieme come cittadina questo impegno che non può e non deve essere un onere, bensì un onore: questo è il senso di una commemorazione che voglia far rivivere gesti di così alta portata storica, morale e religiosa.

La giornata si è conclusa con la celebrazione della Santa Messa, come augurio prima delle vacanze natalizie, in “Santa Maria del Popolo” a Leonessa presieduta dal Vescovo; successivamente ci si è recati in piazza per accendere l’albero di Natale arricchito quest’anno da numerosi cuori bianchi ed impreziosito dall’immagine del presepio posto accanto alla base dell’albero, proprio a ricordarci che “… l’albero piantato lungo corsi d’acqua, dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene”. Auguriamoci che a Leonessa l’accoglienza, l’albero della vita e la “Casa di Vita” possano avere durata eterna.