Il Codex Purpureus Rossanensis

Dopo tre anni di restauro, il prezioso Codice bizantino ritorna a Rossano nel nuovo Museo

Tre anni d’intenso e minuzioso lavoro da parte di una qualificata équipe di restauratori dell’Istituto Centrale per il Restauro e la Conservazione del Patrimonio Archivistico e Librario, un museo tutto nuovo con un allestimento appositamente dedicato e una diocesi in festa, sono gli elementi principali per il ritorno a casa di uno dei più importanti e preziosi Codici miniati del mondo: il Codex Purpureus Rossanensis.
Databile intorno al VI secolo d.C., il Codex, con i suoi centottant’otto fogli, rappresenta una significativa testimonianza dell’arte cristiana, nonché della tradizione filo-ellenica della Calabria bizantina. Il Codice di Rossano originariamente doveva essere composto di quasi quattrocento pagine contenenti i Quattro Vangeli canonici illustrati dalle relative miniature; giunge a noi mutilo a seguito di un incendio accorso durante il XVIII secolo che ha causato la perdita dei testi di Luca e Giovanni. Il manoscritto presenta una caratteristica colorazione porpora dei fogli, essa veniva ricavata mescolando diversi molluschi marini e il suo scopo era di tipo simbolico, volendo indicare la dignità imperiale, un elemento che porta ad ipotizzare una committenza di altissimo rango. Anche il testo stesso, redatto in lingua greca, è di preziosa fattura: impostato su due colonne di venti righe, utilizza la “maiuscola biblica”, detta onciale, tipica dei manoscritti di lusso tardo-antichi, con le lettere impreziosite dalla colorazione in argento, con le prime righe di ciascun prologo dei Vangeli in oro. Raffinate ed eleganti sono le miniature che accompagnano i testi.
L’illustratore utilizza una metodologia esecutiva rigorosa e ordinata: dispone le scene su due registri, con la zona superiore del foglio dedicata agli episodi della vita di Gesù, mentre nella zona inferiore vengono raffigurati quattro Profeti a mezzo busto, con i cartigli che contengono citazioni tratte dall’Antico Testamento, in un chiaro riferimento agli avvenimenti narrati in pagina. Il miniatore dimostra un rigore che si riscontra nell’impostazione generale delle figure, in quella armoniosa e misurata gestualità e nell’attento e puntuale rilievo delle proporzioni. Una caratteristica che si riscontra sia nelle composizioni più complesse, sia in quelle più semplici. Alla prima tipologia si può ricondurre, a mo’ di esempio, l’episodio dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme che si distingue per la libertà dei movimenti e la vivacità espressiva di ogni personaggio. Mentre più semplificata ma non meno raffinata è la pagina dedicata a san Marco; qui l’Evangelista è posto all’interno di una piccola edicola architettonica, intento nella scrittura del proprio Vangelo, accanto si trova una figura femminile che simboleggia la Sapienza. Anche in questo caso le figure sono impostate con una sensibile espressività.
Scorrendo le pagine miniate risalta la capacità del maestro nel conferire agli episodi una loro autonomia sintattica rispetto al testo, per cui il lettore può anche porsi dinanzi alle pagine figurate senza ausilio della scrittura. Inoltre il Codex Purpureus ha un’altra particolarità, quasi un unicum in ambito artistico, contiene la rappresentazione della parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte. Per quanto invece concerne la sua provenienza, benché i tratti esecutivi richiamino l’arte bizantina, non si tratta di una bottega costantinopolitana, ma con ogni probabilità va ricercata ad oriente di Bisanzio, ovvero nell’opera di un atelier della Siria o della Palestina. L’arrivo a Rossano in età medievale va ricercato in quel continuo legame che la terra calabra ha sempre avuto con il mondo ellenico e nella presenza di insediamenti monastici orientali di tradizione greco-melkita. Fu probabilmente durante il periodo iconoclasta che giunsero in Calabria monaci della Cappadocia, della Siria e dell’Egitto, portando con loro non solo il carisma spirituale e le tradizione cenobite, ma anche libri preziosi e raffinati codici miniati provenienti dalle biblioteche dei monasteri. Oggi, ritornando a Rossano il Codex Purpureus, porta con sé un dono in più, essendo divenuto nell’ottobre 2015 patrimonio mondiale dell’Unesco.