II Domenica del tempo ordinario – Anno B (Gv 1,35-42)

In quel tempo Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.
Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: «Che cosa cercate?». Gli risposero: «Rabbì – che, tradotto, significa maestro –, dove dimori?». Disse loro: «Venite e vedrete». Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: «Abbiamo trovato il Messia» – che si traduce Cristo – e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: «Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro.

(Gv 1,35-42)

Videro dove dimorava e rimasero con lui

Siamo di nuovo nel Tempo Ordinario, lo saremo per un mese appena, fino al 18 febbraio, mercoledì delle ceneri, quando inizierà un altro tempo forte, il tempo di Quaresima-Pasqua: che facciamo in questi 30 giorni? intendo, a livello di fede, di vita accordata sulla fede… Aspettando i giorni del digiuno, dell’astinenza, della preghiera e dell’elemosina – i pilastri della Quaresima – che cosa possiamo inventare per sentirci più cristiani? Possiamo ricordarci a vicenda che l’identità cristiana non dipende tanto da quello che si fa, ma da come si fa, dalle motivazioni profonde per le quali parliamo e operiamo. Quante parole sprecate e quanti gesti inutili, superflui o, peggio, contraddittori, rispetto al credo cristiano! E ora, le letture.
La pagina del Primo libro di Samuele racconta la vocazione di Samuele: Anna, madre di Samuele era sterile: la sua disperata implorazione di avere un figlio venne ascoltata da Dio; in cambio, Anna promise a Dio che gli avrebbe consacrato quel figlio, cosa che fece appena Samuele fu svezzato. In seguito Dio stesso lo chiamò e lo istituì profeta. Samuele ricevette da Dio il mandato di ungere prima Saul e poi Davide re di Israele, dando così inizio alla monarchia. Samuele costituisce dunque una delle figure più importanti della storia di Israele. La vicenda della sua vocazione ci insegna che, quando Dio si mette in testa una cosa, quella è. Nessuno di noi può far finta di niente. Possiamo mettere a tacere la chiamata di Dio, siamo liberi di seppellire la Sua voce sotto altre voci. Oggi è forse più facile nella confusione dei messaggi che arrivano dai settori più disparati della società, Chiesa compresa, una vera e propria Babele! Ma Dio sa aspettare e non si stanca di chiamare, con buona pace di sant’Agostino, il quale temeva che Dio gli passasse accanto e proseguisse oltre, senza che lui se ne accorgesse – “Timeo Deum transeuntem”. Il problema è tutto nostro: siamo noi che non possiamo sopportare di restare sordi troppo a lungo alla chiamata di Dio! Prima o poi dovremo accettare la sfida e fronteggiare la crisi di decidere se ascoltare la Parola che Dio rivolge a noi personalmente, oppure assecondare altre parole, seguendo altri maestri….
Anche il Vangelo affronta la delicata questione della vocazione, e la affronta in termini ancor più complessi: i due uomini che seguono Gesù erano discepoli di Giovanni Battista: in un certo senso erano già a servizio del Regno di Dio. Ai giorni nostri la questione è ugualmente delicata: nella Chiesa ci sono tanti posti, non tutti uguali, e tanti modi, non tutti alternativi, nel senso che l’uno vale l’altro, per servire Dio. È necessario trovare quello giusto per ciascuno. Pensate a S. Teresa di Caluctta: prima di diventare Madre Teresa, bussò alla porta di diverse congregazioni di suore… nessuna andava bene per lei… finché decise di fondarne una nuova, fatta su misura per lei e per tutte coloro che avrebbero condiviso il suo ideale contemplativo-attivo. L’essenziale è rimanere dentro al Chiesa e lavorare per l’unità della Chiesa. La prova, potremmo dire, che un gruppo, un movimento è a pieno titolo cristiano è data dal fatto che opera a favore dell’unità (della Chiesa) e non crea, né fomenta separazioni; tutela la pace e non suscita confusioni nella mente e nel cuore dei fedeli. Non si tratta di omologazione – tutti uguali, vestiti uguale, con la stessa voce, con le stesse idee, con gli stessi atteggiamenti… -; la diversità è una ricchezza, prima che motivo di incomprensione e di separazione. Questo lo si dica, senza ambiguità, né mezzi termini, non solo in ambito religioso.