Esternalizzazione dei Servizi: da cittadini a clienti?

Sarà che il successo della Notte Bianca ha disteso gli animi, o forse è merito della Lectio di Cacciari: dopo alcuni giorni di fuoco il tema delle esternalizzazioni degli asili nido e dei servizi comunali più in generale sembra essere uscito da quelli caldi.

È un peccato, e non solo perché finalmente s’è vista un po’ di vita in Consiglio, soprattutto dalle parti della maggioranza. Il tema, infatti, è di stretta attualità. Messa da parte l’accusa di voler favorire questo o quel privato, le scelte che arriveranno sembrano comunque di quelle che condizionano la vita cittadina per anni. Di conseguenza non ci si può limitare a dire che non c’è alternativa. E poi una chiara dialettica su questi argomenti risuonerebbe più che bene con quella generale nel Paese.

Al fondo del discorso, infatti, si può cogliere una tendenza sempre più forte e sempre meno dibattuta. Quella che contesta il ruolo dello Stato nell’economia e più in generale nella vita delle comunità. Al punto che l’arretramento dell’intervento pubblico è oramai del tutto evidente, e non solo in Italia.

Le ragioni che danno forza a questa spinta sono più o meno le stesse – con i dovuti rapporti di scala – per tutti i livelli del settore pubblico. Si insiste sulla necessità di ridurre il debito e sull’esigenza di fare spazio ad un’impresa privata che, per sua natura, sarebbe più “competitiva” e dunque più conveniente per tutti.

Di conseguenza le tante componenti dello Stato sono oggetto di discorsi distruttivi, tesi a dimostrarne l’inefficienza, il peso inutile, l’ingombro. Anche la preferenza accordata a parole come “amministrazione” sembra voler sminuire la forza positiva delle istituzioni democratiche. Tanto che quando commettono degli errori, piuttosto che correggerli si chiede a questi enti di farsi da parte.

Si può fare anti-politica finché si vuole, ma occorrerebbe pure domandarsi quanto questo atteggiamento davvero ci convenga. Non sarà che nel ridurre il settore pubblico ad una versione banalmente “sociale” ed inefficiente di quello privato finiamo con il condizionare la natura stessa del rapporto pubblico–privato? Nel passaggio di mano dall’uno all’altro i “cittadini” non si trasformano forse in “consumatori”, in “clienti” o – al meglio – in “utenti”?

Possono sembrare questioni di lana caprina: con la crisi che corre, trionfa un certo senso pratico. Data l’emergenza – si dice – importa che i servizi ci siano, chi li eroga è secondario. Ma davvero la cosa è così indifferente? E se la differenza c’è, è astratta o sostanziale?

Sono grandi temi. Richiederebbero, per l’appunto, un ampio dibattito. Non foss’altro che per evitare una scelta affrettata, condotta sull’onda dell’affanno contabile.

In attesa di poter assistere a questa discussione, ci limitiamo a constatazioni di più basso profilo. Di fronte a servizi pubblici in perdita, ad esempio, nessuno ha ancora spiegato in che modo l’esternalizzazione porterebbe non già al pareggio – come basterebbe al Comune – ma addirittura all’utile, secondo quanto conviene all’impresa.

Da questo punto di vista, come minimo, Sindaco e Giunta dovrebbero presentare ai cittadini un’analisi dei vantaggi in termini di costi reali. Quanto risparmieranno l’utenza vera e propria e la collettività con le esternalizzazioni?

E oltre a questo ci sarebbe almeno da spiegare nel merito in che modo il Comune continuerà ad esercitare una sorta di “controllo di qualità” e di quali strumenti l’Amministrazione pensa di dotarsi per raddrizzare eventuali inadempienze da parte dei concessionari.

Tutte cose che ovviamente non toglierebbero il rammarico per la politica rinunciataria cui stiamo assistendo. Tenere i conti a posto è senz’altro un bene, ma sarebbe pure utile vedere il taglio degli sprechi accompagnato da una politica “espansiva”. Che volto avrebbe la città se il Comune assumesse un ruolo “imprenditoriale” e agisse con fiducia ed efficacia per tradurre in realtà una visione meno subalterna agli interessi privati?

La domanda sembra destinata a rimanere senza risposta. Eppure questioni come l’accudimento dell’infanzia, l’invecchiamento della popolazione e la crescente disoccupazione difficilmente possono trovare piena soddisfazione nel mercato. E anche quando si pensa di poter instaurare una collaborazione tra pubblico e privato, è necessario che lo Stato o il Comune siano attivi e capaci di definire con chiarezza il proprio ruolo.

Viene da chiedersi a che possa servire un Comune una volta ceduti ai privati i propri servizi. Quello di Rieti ha qualche idea a riguardo?

3 thoughts on “Esternalizzazione dei Servizi: da cittadini a clienti?”

  1. Massimo Casciani

    Condivido in pieno le considerazioni del mio amico David, come sempre pertinenti e provocatorie, ma anche molto sensate e logiche. Ma una qualche risposta penso di averla e penso che siano in tanti ad essersela data, anche se non la dicono. Tenere aperta una qualsivoglia struttura pubblica o un servizio pubblico con dipendenti aventi tutte le garanzie comporta una spesa molto onerosa. Ad esempio, se in un servizio servono comunque tre persone, la pubblica amministrazione ne deve assumere almeno cinque, poiché oltre ai diritti sacrosanti saranno anche le “furbate” a rendere il servizio costoso. Furbate non sempre, anzi quasi mai, verificabili. Ho bisogno di un giorno per verniciare le persiane? Prendo la 104! Ho litigato con il capoufficio? Prendo la malattia! Nel pubblico, però. Non lo fanno tutti lo so, non voglio generalizzare. Col privato queste cosette non si possono fare. Chi le vuole le esternalizzazioni? I cittadini! Lo dico io che penso che tutto debba essere statale, pure la telefonia, l’elettricità, e ogni altro servizio che sia essenziale per la vita delle persone.

    1. David Fabrizi

      Ammesso e non concesso che i costi di un servizio pubblico siano insopportabili a causa delle “furbate” del personale, mi domando se l’idea di uno Stato come macchina clientelare, squallida e inefficiente, non sia una sorta di profezia che si autorealizza. Chi può aver mai la voglia di lavorare e fare bene in un settore pubblico definito in questi termini? Forse prima di lodare le magnifiche qualità del settore privato, dovremmo recuperare un po’ di orgoglio per la nostra macchina pubblica. In fondo lo Stato siamo noi, in un senso molto più profondo e autentico di quanto possa esserlo una coop. Non sarà che molti problemi dello Stato prosperano anche grazie a questo disprezzo dello Stato?

  2. Paola Cuzzocrea

    Caro David, concordo con tutto quanto hai scritto. E credo che si debba lottare per recuperare l’orgoglio di cui parli partendo proprio da un servizio pubblico che a Rieti, da quando l’ho conosciuto e testato direttamente per le mie prime due figlie, è l’orgoglio della città. Le operatrici del nido di Rieti sono andate per diversi anni in tutta Italia a raccontare come lavoravano, ad illustrare le tante e bellissime attività che venivano organizzate nei due asili comunali. La mia prima figlia che ora ha 15 anni, ha iniziato a parlare inglese a 18 mesi, forse anche prima, si è emancipata prestissimo dal pannolino, è diventata una bambina serena ed indipendente grazie a come veniva seguita al nido di Rieti. Lo stesso è avvenuto con la seconda che ha quasi 7 anni. Non ringrazierò mai abbastanza le operatrici del nido che hanno creato con noi genitori un rapporto davvero importante per lo sviluppo dei nostri figli. Come dici tu David, che senso ha un Comune che non riesce a difendere e gestire i propri servizi essenziali? Per quale motivo dovrei continuare a pagare le tasse se il pubblico sparisce? E per quanto riguarda il controllo, basti pensare a come il Comune controlla l’Asm, di cui detiene il 62% delle azioni, per farsi un’idea di cosa succederà se questa vicenda dell’esternalizzazione andrà in porto.
    Personalmente sono convinta, e da tanti cittadini come me sta venendo avanti questa proposta, che questo sia uno di quei casi in cui la popolazione sarebbe lieta di dare un contributo al Comune per cercare di salvare insieme il servizio mantenendolo in capo al Comune. Un lavoro da consulte, o almeno da gruppo di lavoro operativo. Un gruppo di persone che si dedichino insieme ai gestori del nido ed all’assessore e dirigente competenti per trovare insieme le forme di risparmio che sicuramente si possono individuare. Una cosa che si deve risolvere in poche settimane pero’, perche’ collegato al rischio del fermo del servizio (visto che tempi per un bando di gara non sono compatibili con la ripresa del servizio a settembre) c’è il rischio che corrono le tante lavoratrici e i tanti lavoratori che hanno organizzato la propria vita in funzione dell’esistenza di questo asilo, con domande che sono state presentate diversi mesi fa (proprio nel mese di luglio ricevono la lettera con l’ammissione o meno del loro figlio o figlia all’asilo). E visto che ai datori di lavoro poco importano i litigi tra maggioranza e dentro la stessa maggioranza, opposizione, e le tempistiche della pubblica amministrazione, non vorrei che questa vicenda mettesse a rischio numerosi nuovi posti di lavoro in città non calcolati dai ”ragionieri” del Comune di Rieti.

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