Una caduta dall’albero fatale a Lucy, la celeberrima femmina di australopiteco

In una ricerca dell’Università del Texas le cause della morte della nostra progenitrice

Chi non ha sentito almeno una volta parlare di Lucy, la celeberrima femmina di australopiteco (Australopithecus afarensis) vissuta 3,2 milioni di anni fa?
I suoi resti furono rinvenuti, nel novembre del 1974, a Hadar, nel triangolo di Afar (Etiopia), ad opera dei paleontologi Yves Coppens, Donald Johanson, Maurice Taïeb e Tom Gray. Secondo gli studiosi, Lucy (le diedero questo nome in onore della canzone “Lucy in the Sky with Diamonds” dei Beatles) aveva circa 25 anni quando morì.
E adesso sappiamo anche come accadde: in seguito a una brutta caduta da un albero! Queste le recentissime conclusioni (riportate in un articolo pubblicato su “Nature) di un gruppo di paleoantropologi dell’Università del Texas, ad Austin (Usa), che hanno potuto analizzare approfonditamente una serie di fratture presenti nei resti fossili di Lucy.
Dopo la sua scoperta, Lucy divenne subito famosa sia per la completezza del suo scheletro, sia perché all’epoca era il più antico ominide di cui si potesse affermare con certezza che aveva un’andatura bipede. “È ironico che l’ominide fossile al centro di un dibattito sul ruolo della vita arboricola nell’evoluzione umana sia con tutta probabilità morto per le ferite subite in seguito alla caduta da un albero”, commenta John Kappelman, primo firmatario dell’articolo.
Per realizzare la loro ricerca, Kappelman e colleghi hanno sottoposto a scansione tomografica i resti di Lucy, usando, un’apparecchiatura (la High-Resolution X-ray Computed Tomography Facility dell’Università del Texas) espressamente progettata per analizzare materiali particolarmente duri, come la roccia, con una risoluzione superiore a quella delle normali Tac. Così, l’analisi delle oltre 35mila sezioni delle ossa di Lucy ha evidenziato una serie di fratture, normalmente non rilevabili nei fossili. Ad esempio, una frattura da compressione all’omero destro “che si riscontra – spiega Kappelman – quando la mano colpisce il terreno in una caduta, spingendo le strutture della spalla una contro l’altra e causando un danno molto caratteristico all’omero”. E poi sono state osservate una serie di altre fratture meno gravi, alla spalla sinistra e in tutto lo scheletro di Lucy, tra cui una frattura al pilone della caviglia destra, a un ginocchio, al bacino, e alla prima costola. Il fatto, poi, che non risultasse alcun segno di guarigione, neppure iniziale, ha portato i ricercatori a concludere che quelle lesioni si erano verificate “perimortem”, ossia in un momento molto prossimo alla morte.
Con molta probabilità – pensa Kappelman – Lucy si era arrampicata su un albero per prendere qualche frutto o per cercare un rifugio sicuro per la notte, come fanno anche gli scimpanzé. Ma, paradossalmente, l’aver acquisito caratteristiche che le permettevano di spostarsi in modo efficiente sul terreno, potrebbe per contro aver compromesso la sua capacità di arrampicarsi con sicurezza sugli alberi, esponendola così a cadute più frequenti.
I dati raccolti sono stati talmente puntuali da permettere ai ricercatori di ricostruire anche la dinamica della probabile caduta: Lucy è atterrata sui piedi e ha cercato di attutire il colpo protendendo in avanti le braccia. Data la sua statura e il presumibile peso, i ricercatori hanno stimato che Lucy possa essere caduta da un’altezza di circa 12 metri, impattando quindi sul suolo ad una velocità di circa 50 Km/h. Pertanto, la sua morte deve essere stata quasi istantanea.
“Quando è apparso chiaro il tipo di lesioni multiple di Lucy – ha affermato Kappelman -, nella mia mente è apparsa la sua immagine, e ho sentito un moto di empatia al di là del tempo e dello spazio. Lucy non era più semplicemente una raccolta di ossa; nella morte era diventata un individuo reale: un piccolo corpo spezzato che giace inerme ai piedi di un albero”.
Una fine banale, forse, ma che non diminuisce certo la fama di questa nostra simpatica progenitrice!