Musica

Va bene concerti a giugno, ma chi paga i rischi?

«Ogni avventura e’ piu’ complicata della precedente. Se siamo riusciti a superare le precedenti, supereremo anche questa» dichiara Vincenzo Spera, presidente di Assomusica

“È un periodo che dura da qualche anno, di continue avventure. Ogni avventura e’ piu’ complicata della precedente. Se siamo riusciti a superare le precedenti, supereremo anche questa” dichiara Vincenzo Spera, fresco di rielezione alla presidenza di Assomusica. “Ogni concerto e’ un miracolo– ha detto ancora- Non sai mai se inizia, non vedi l’ora che gli ultimi tir con le attrezzature siano andati via per dire che un altro miracolo si e’ verificato. Questo e’ nel dna di chi fa questo lavoro. È una prova continua. Ben venga, non ci si annoia”. Come si affronta la crisi che sta vivendo il mondo della musica, accentuata dall’emergenza coronavirus? Secondo Spera “cercando di non perdere calma e controllo della situazione. Gli scenari sono molteplici, bisogna saper tenere a bada queste molteplicita’, che dipendono da un lato dalla filiera lavorativa, dall’altro dall’immensa partecipazione e coinvolgimento del pubblico”. E poi ancora bisogna cercare di “tenere a bada e indirizzare la politica in un momento di difficolta’ e confusione che spesso fa perdere di vista la realta’ piu’ di quanto non avvenga nella normalita’ di una vita tranquilla”.

La ripresa degli eventi live per il mondo dello spettacolo “e’ una esigenza forte sentita da molti settori” ma in maniera “diversa l’uno dall’altra”. E “per quanto riguarda noi la sentiamo in maniera ancora diversa dagli altri”, dichiara Spera a proposito della possibile riapertura, con regole da seguire, per gli eventi dal vivo gia’ da giugno. Questo potrebbe avvenire dopo il parere del Comitato tecnico scientifico: “Abbiamo una caratteristica e una tipologia di rappresentazione che lavora su grossi eventi e non solo su piccoli spettacoli- continua Spera- Quello che viene fuori un documento che e’ la risposta ai quesiti posti dal ministro al Comitato tecnico dove c’e’ una sorta di mutuazione di alcuni valori, considerati per il mondo ecclestiastico. In effetti ci sono numeri che vengono in qualche modo mutuati da quei parametri li. Si parla di 200 persone al chiuso e 1.000 per le manifestazioni all’aperto, dove devono essere tenute presenti le misure di sicurezza, dalla mascherina ai controlli della febbre a tutta una serie di operazioni, protocolli che non esistono ancora”. Inoltre, “stando alle notizie di oggi, ci sono stati anche incontri al ministero, questi numeri sono comprensivi di maestranze. Se con la presenza di 200 persone, 50 lavorano, allora vale per 150. C’e’ comunque bisogno di tenere distanze di 1 metro in un teatro, ne servirebbe uno di almeno 1.000 posti. Diventa una situazione praticabile con tutte le cautele e forse anche utile a una ripartenza. Ci sono voglia di uscire e partecipare, forse questo servira’ come test per una graduale e maggiore riapertura. Non siamo dell’avviso di non farlo. Ma risolti i problemi tecnici, subentrano quelli economici. Per gli spazi aperti ci sono investimenti da fare, c’e’ certezza di investimenti ma incertezza su come coprirli. Quindi la fase 3 di questa operazione deve essere ‘chi ci mette i soldi?’.

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