Com’è successo?

Perché ad un certo punto abbiamo fatto a meno di usare le gambe? Succederà mica la stessa cosa al cervello?

La domanda giusta è questa: com’è potuto accadere? Come è stato possibile che il gesto semplice, naturale, immediato del camminare sia diventato un prodotto culturale da riserva indiana, un bene in via di estinzione?

Non ci si è riflettuto troppo, ma se è necessario dedicare una giornata promozionale al Camminare, se è necessario spingere perché qualcuno si accorga di nuovo di avere le gambe, è perché ad un certo punto abbiamo cominciato a farne a meno. Potrà sembrare banale, ma non lo è affatto.

Al contrario: il tema è di primaria importanza. Basti pensare all’eterno conflitto urbano sulla ZTL per farsene una idea.

Ma se le cose stanno così, è inutile condire il discorso con il solito amore per l’ambiente, ed un’avversione all’automobile di circostanza. Piuttosto bisognerebbe dire la verità. Bisognerebbe sostenere in modo chiaro che il camminatore di oggi, il cosiddetto “pedone”, è in realtà un pericoloso sovversivo. È il rappresentante di un modo alternativo di stare al mondo.

Chi se ne frega dell’ambiente e della salute! Camminare vuol dire un’altra cosa. Vuol dire che non siamo disposti a farci mettere fretta, che siamo poco inclini ai percorsi obbligati, e che in fondo siamo autarchici e sappiamo cavarcela anche senza tutte le diavolerie del mondo di oggi.

Fateci caso: come tante altre “giornate del”, quella del Camminare serve ad esorcizzare qualcosa di scomodo facendo finta di celebrarlo.

Cosa rimane, infatti, del gesto libero e anarchico del camminatore, una volta codificato in un percorso collettivo, in un giorno e in un orario stabilito? Poco più di niente.

Ed infatti quella di camminare – che si costruisca o meno il suo mito – sembra rimanere una attività assai poco praticata, e guardata anche con un certo sospetto. Se non ci credete provate a chiederlo a qualcuno dei negozianti del centro.

2 thoughts on “Com’è successo?”

  1. Paola Cuzzocrea

    Non avevo mai pensato alla mia ostinazione a muovermi a piedi nel 98% dei casi, organizzando la mia vita e quella della mia famiglia attorno a questa esigenza (che è sia interiore che fisica) come ad un qualcosa di “sovversivo”. Eppure è proprio così, leggo un “pericolosa sovversiva” negli occhi dei genitori che alle 8 di mattina a tutta birra sfrecciano con i bambini infilati di fretta nelle auto quando mi paro davanti a loro obbligandoli a fermarsi davanti alle strisce pedonali quando cerco di attraversare la strada. Leggo ancora un “pericolosa sovversiva” nelle battute di amici e parenti quando sostengo che, con un po’ di organizzazione e buon senso (anche perche’ è dimostrato), si può far a meno sicuramente della seconda auto in famiglia, e con un po’ di impegno e buona volontà, anche della prima auto, se non ovviamente per i viaggi fuori porta. Certo, sarei un po’ meno sovversiva se in città si potesse contare su piste ciclabili non solo nella cintura esterna cittadina ma anche lungo le strade che la maggior parte di noi percorre per andare al lavoro o portare i figli a scuola (a proposito, che fine ha fatto il Pedibus?), se le frazioni ed i quartieri periferici potessero contare semplicemente su marciapiedi senza interruzioni e sicuri per adulti, bambini e disabili. Il tutto nell’ambito di un sistema che preveda un trasporto pubblico efficiente e che dia certezze su orari e servizio. Ecco, se la Giornata del Camminare portasse a fare queste riflessioni (tra l’altro gia’ snocciolate in occasione del convegno della Giornata del Camminare che si è svolto esattamente un anno fa a Rieti e che avevo moderato con entusiasmo e diverse aspettative) ed a prendere decisioni serie per la città, avrebbe il senso che i promotori di questo appuntamento nazionale, primo tra tutti il presidente di Federtrek Paolo Piacentini, “pericolosissimo sovversivo” in quanto camminatore instancabile e fiducioso nella spinta progettuale delle Amministrazioni pubbliche, hanno immaginato di dare al 13 ottobre di ogni anno. Altrimenti sarà stato tutto inutile, nonostante l’impegno organizzativo profuso anche in questa occasione da tutti i soggetti coinvolti.

  2. petrongari maria laura

    Cara Paola Cuzzocrea, la cultura del camminare è senz’altro una conquista di civiltà che fa bene alla salute e consente a tutti risparmi. Tuttavia dovrebbe essere un “buon camminare” nel senso che quì a Rieti la maggiore parte dell’anno fa freddo, piove e le strade cittadine sono sporche con fogliami e trascuratezze varie comprese pozzanghere per buche e dissesti dei manti stradali che creano insidie non facilmente evitabili da parte di chi va in bicicletta. Insomma non si pedalerebbe da ottobre a maggio (qualche anno fa nevicò a maggio) con serenità senza danni per la salute anche pensando che gli anziani non sono abituati alla bici, e gli anziani sono in numero crescente. Io proporrei un avviamento dolce di programmi di promozione della cultura alternativa all’uso delle auto. E’ necessario al riguardo che siano incrementati i pulmini che percorrendo ad esempio il circuito stradale che circonda ad anello la città nelle ore di entrata nelle scuole ed uscita dalle stesse e dagli uffici, consentirebbe ad intere famiglie di salire a bordo e recarsi a destinazione lasciando l’auto a casa fruendo di abbonamenti favorevoli. C’è qualche motivo che osti a tale progetto?Cosa fa L’ASM al riguardo?Qualche idea gli enti pubblici potrebbero pure farsela venire! E se il solito problema sono i finanziamenti si potrebbe ricorrere alle sponsorizzazioni da parte di imprese .
    Grazie.
    maria laura petrongari.

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