Giovedì 11 luglio, una delegazione composta dai lavoratori della Schneider Electric di Rieti, dal Sindaco di Rieti Simone Petrangeli, dal consigliere della Regione Lazio Daniele Mitolo e dall’on. Fabio Melilli si è recata a Roma. Scopo della trasferta un incontro con la multinazionale francese presso il Ministero dello Sviluppo Economico. Il problema della chiusura del sito industriale di Rieti, infatti, rimane aperto. Di conseguenza questi incontri sono decisivi per capire quale sarà il futuro dei lavoratori reatini.
Nella delegazione, ricevuta in rappresentanza del Governo dal Dr. Castano e dalla Dr.ssa Gatta del Mise, era presente anche don Valerio Shango, direttore dell’Ufficio Problemi Sociali e Lavoro della Diocesi di Rieti. A lui abbiamo chiesto qualche notizia “in diretta” sullo stato della vertenza.
«Si è iniziato subito con il riassunto dell’incontro del 22 aprile scorso a Parigi» ha detto don Valerio. «Per la multinazionale francese ha parlato il Dr. Michel Brisset. Ha ricordato i punti essenziali. La multinazionale ha confermato l’impegno di trovare fra i suoi partners un acquirente in grado di lavorare alla re-industrializzazione del sito di Rieti. A questa azione, che si protrarrà almeno fino al giugno 2014, si somma la ricerca di posizioni interne per il personale del sito reatino disponibile alla mobilità in altre sedi Schneider in Italia o all’estero».
E nel frattempo?
Sarà necessario gestire la diminuzione della produzione con gli ammortizzatori sociali. Ma a preoccuparmi di più è proprio questa strategia interna per la ricollocazione dei lavoratori in città diverse da Rieti. La multinazionale è riuscita a coinvolgere 28 lavoratori in questo processo di mobilità volontaria. È senz’altro un bene dal punto di vista del mantenimento del lavoro. Ma c’è pure un effetto collaterale: un processo di lento ma sicuro di svuotamento del sito di Rieti, soprattutto nella fascia più vitale, quella compresa tra i 25 e i 50 anni.
Sono state chieste contropartire alla multinazionale?
Governo, Istituzioni, Diocesi e Organizzazioni sindacali hanno chiesto che Schneider Electric si faccia carico dei lavoratori tutto il tempo che sarà necessario per individuare imprese interessate ad insediarsi nel sito e a favorire la ricollocazione del personale. Tutti hanno apprezzato la presenza della Società Vertus, incaricata dalla Schneider di individuare iniziative di rilancio del sito. Tuttavia è stato chiesto a Schneider di non mettere “paletti” nel caso in cui l’eventuale acquirente venga trovato nella concorrenza. L’interesse principale deve rimanere la salvaguardia e il rilancio del sito industriale.
Il lavoro rimane il problema principale…
Sì, infatti è stato anche chiesto il mantenimento dei carichi di lavoro. È importante per limitare il ricorso agli ammortizzatori sociali e darebbe buono slancio ai processi successivi.
La presenza di un sacerdote in una trattativa del genere è un po’ atipica. Quale è stato il tuo ruolo?
Forse è vero, non è proprio usuale. Ma non ci siamo sentiti affatto fuori posto. Prendendo la parola abbiamo ribadito il significato della nostra presenza come gesto di solidarietà della Diocesi con i lavoratori di Rieti. E abbiamo chiesto più coraggio alla Multinazionale francese. Non deve chiudere i battenti! Non possiamo accettare che una flessione nei profitti corrisponda alla fuga da una città. Questo significa uccidere la dignità dei lavoratori. Uomini e donne il cui impegno ha avuto il suo peso nel successo della multinazionale, anche grazie a una produzione di altissima qualità.
Ti avranno risposto che sono le regole del mercato.
Sarà pure vero, ma il fatturato del 2011 di Schneider Electric era di 22,4 miliardi di euro. Non si vede perché in questo momento di grande recessione economica, debbano lasciare Rieti, abbandonare i lavoratori della nostra città per la famosa delocalizzazione verso la Bulgaria, l’India o la Cina.
La globalizzazione lavora contro Rieti?
Questo è senz’altro vero; il problema sarebbe di difendere i diritti dei lavoratori pure nelle realtà in cui la mano d’opera costa meno. È ora di ricominciare a concepire i lavoratori come persone, come uomini, e non come semplice forza lavoro, come macchine da sfruttare per dare profitto dell’azienda e agli azionisti. È tempo di finirla: lavoro e i lavoratori sono molto più che un semplice fattore economico.
In queste situazioni si legge la distanza tra la proposta della dottrina sociale della Chiesa e le logiche di un capitalismo in crisi dal punto di vista sociale…
Anche questa crisi passerà. Ma le persone restano. E la logica della globalizzazione si può pure rovesciare. Con il suo giro d’affari mondiale, la Schneider può tranquillamente permettersi di compensare le perdite del sito reatino e pensare al suo rilancio. Perché non dovremmo pretendere con forza questo genere di intervento?
Ma non è una ipotesi un po’ lontana dalla realtà? Gli azionisti di Schneider sono in cerca di profitti, mica di solidarietà.
Per questo ci vogliono le pressioni dei governi. Infatti con i lavoratori, i sindacati e gli uomini delle istituzioni abbiamo chiesto a quello italiano più impegno nell’indirizzare le aziende in questa direzione. Chi governa ha molti strumenti – compresi gli sgravi fiscali – per ottenere certi risultati dalle grandi aziende. Risultati che quando arrivano si traducono nella serenità dei lavoratori. Il Governo non può e non deve sottrarsi. Queste politiche offrono vantaggi a tutta la società: ci guadagnano tutti in termini di coesione e pace sociale.
Quale sarà il prossimo passo con Schneider?
L’azienda si è impegnata con i lavoratori e le rappresentanze sociali a fare il punto dello stato di avanzamento del processo di re-industrializzazione, con il reperimento di un nuovo acquirente entro la fine del prossimo ottobre. Da parte nostra rimaniamo vicini ai lavoratori. Sono uomini e donne preoccupati per il loro futuro e delle loro famiglie. Purtroppo i mutui e le bollette non si possono de-localizzare. Il tempo da perdere non c’è più! Speriamo che se ne rendano conto la Schneider e il nostro Governo. Speriamo che quest’ultimo riesca a trovare un modo decisivo per soccorrere la nostra città restituendo dignità e speranza ai nostri lavoratori.