Rieti

Rieti e il Medioevo, folla all’incontro con Cardini. D’Onofrio: «La città deve volersi un po’ più bene»

Antonio D’Onofrio, presidente della Fondazione Varrone, commenta la presentazione alla Chiesa San Giorgio del dossier sulla Rieti del Duecento pubblicato sulla rivista «Medioevo» di gennaio

«Le 350 persone accorse a San Giorgio per ascoltare Franco Cardini sono una notizia, una gran bella notizia, per tutta la città perché confermano che Rieti sa rispondere con entusiasmo a proposte culturali di qualità e di spessore».

Così Antonio D’Onofrio, presidente della Fondazione Varrone, dopo la presentazione alla Chiesa San Giorgio del dossier sulla Rieti del Duecento pubblicato sulla rivista «Medioevo» di gennaio, andato rapidamente esaurito nelle edicole come le 200 copie distribuite al termine dell’incontro con Cardini.

Un incontro – quello con lo storico toscano, affiancato dal giornalista Federico Fioravanti – ricco di spunti e di suggestioni sapientemente riassunte nelle conclusioni da monsignor Lorenzo Chiarinelli, e seguito con attenzione non solo dal pubblico in sala ma, attraverso uno schermo tv, anche dalle decine di persone rimaste fino in ultimo nell’atrio.

«Unico nostro rammarico – prosegue D’Onofrio – è non aver potuto garantire a tutti un’accoglienza ottimale, e ce ne siamo sinceramente scusati con i presenti. Ma questo non ci distoglie dalla nostra idea, che è quella di continuare a dare eventi e contenuti di qualità alla città. Tant’è che, venerdì sera dopo la conferenza, abbiamo ragionato di una tre-giorni di intonazione medievale da organizzare a metà dicembre. Rieti, se raccontata come si deve, piace al Paese, e l’abbiamo visto con l’attenzione mediatica nazionale e le presenze che si sono registrate grazie al richiamo del presepe di Greccio e delle memorie francescane della valle. Ma Rieti deve volersi un po’ più bene. Iniziative come il dossier sul Medioevo, e prima ancora, la riscoperta del grande sipario del teatro Vespasiano o della musica colta che si scriveva e si eseguiva in Cattedrale nel Cinquecento, o il libro sulle chiese del Sacchetti Sassetti sono il nostro contributo a rinsaldare una identità e a ricostruire un senso di appartenenza di cui Rieti ha molto bisogno. Da qui si può partire per raccontare la città al resto del Paese, perché non dimentichi il suo antico ombelico, carico di storia e di un valore ambientale che è la nostra chance di futuro».