Un ricordo dell’on. Luciano Radi

L’ultimo del trio dei parlamentari della Democrazia cristiana che fu attivo dal 1953 al 1994 ed era composto da Franco Maria Malfatti, Filippo Micheli e Luciano Radi, è morto ieri all’Ospedale di Foligno all’età di 92 anni.

È appunto l’onorevole Radi che era sopravvissuto al collega ternano Micheli deceduto nel ’95 e al sabino Malfatti scomparso il 10 dicembre 1991, entrambi assai prima. Insieme i tre politici svolsero un’attività costante e proficua durante la loro vita parlamentare in favore delle tre province dell’allora collegio umbro sabino costituito da Perugia, Terni e Rieti.

Con la scomparsa dell’on. Radi si chiude ora e per sempre una delle più interessanti e produttive storie politiche vissute dai partiti democratici in provincia di Rieti. Adesso non rimane da coltivare che gli studi, le ricerche e i ricordi di una stagione fruttuosa.

Luciano Radi era assai conosciuto, molto stimato per la sua linearità di uomo e di parlamentare, per il carattere affabile, per l’intelligenza e per l’impegno che poneva nel lavoro svolto in Parlamento anche in favore della Sabina.

Fu deputato e poi senatore dal 1958 e fino dal 1994, quando la DC ebbe fine, ministro per i rapporti con il Parlamento, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e quindi diresse Il Popolo, quotidiano della DC.

Radi era docente all’Università di Urbino; sodale dell’umbro Gianni Pasquarelli, direttore generale della RAI, cattolico convinto e praticante, amico di Carlo Carretto presidente della GIAC, fondatore dell’Associazione dei Maestri Cattolici e quindi, della Congregazione dei Piccoli Fratelli del Vangelo. Intensa fu la sua produzione letteraria con una cinquantina di titoli fra cui il famoso beet seller che raccontava la vita di un parlamentare di periferia, uno dei famosi “peones” dal titolo “Buongiorno Onorevole”.

Molto fece Radi in favore di Rieti. Tra le tante cose è da ricordare il suo intervento ed impegno per l’insediamento dell’Icar nell’area del nucleo industriale, azienda che ancora è viva e produce attivamente sotto il nuovo brand di Mentana, del gruppo Cremonini.

L’ultima volta che l’on. Radi intervenne in una manifestazione pubblica in città fu in occasione della tavola rotonda svoltasi in provincia per il Decennale della morte dell’on. Franco Maria Malfatti il 12 dicembre 2001, assieme agli onorevoli Gerardo Bianco, Clelio Darida, Franco Coccia e al senatore Bernardinetti.

Per illustrare i rapporti che ebbe con lo statista reatino e descrivere il suo stile di intendere come essere deputato, il parlamentare umbro disse fra l’altro:

«Ci incontrammo le prime volte nel 1952, entrambi Consiglieri Nazionali; lui venticinquenne ed io trentenne, lui rappresentante del Movimento Giovanile ed io segretario provinciale di Perugia e rappresentante dell’Umbria. Dopo le elezioni del 7 giugno 1953, insieme facemmo parte della Direzione Nazionale del Partito con Alcide De Gasperi Segretario politico, sino al Congresso di Napoli del giugno 1954 e alla morte del grande Leader, il 19 agosto dello stesso anno. Napoli segnò la vittoria di Iniziativa Democratica e l’inizio della importante stagione di Amintore Fanfani. Stagione che durò fino al marzo del 1959, allorquando, per le divergenze di linea politica, già manifestatesi nel Consiglio Nazionale di Vallombrosa del 1957, Fanfani alla Domus Mariae fu messo in minoranza, dopo un dibattito lacerante e drammatico, dalla neo corrente dorotea che punto su Aldo Moro. Franco Maria, già nel 1953, esperto, dotato di intelligente dialettica, navigava tra i grandi con vivacità creativa e autorevolezza culturale; io invece, espressione com’ero di una esperienza provinciale, non ero riuscito ancora a vincere la mia timidezza e trovavo difficoltà a partecipare al dibattito di vertici del Partito, anche se Fanfani non mi ignorò affidandomi, nel 1954, la Direzione dell’Ufficio centrale Zone Depresse. Siamo stati entrambi dossettiani, lapiriani, fanfaniani. Come fanfaniani, nel maggio del 1958, ci siamo presentati alle lezioni politiche. La sua candidatura, nel Collegio Umbro-Sabino, comunicatami da Fanfani nel mese di marzo-aprile per avere anche il mio esplicito consenso (ero in Umbria il numero uno dei fanfaniani come membro della Direzione nazionale), fu per molti una sorpresa. Sorpresa anche per me che vedevo all’orizzonte i Vischia, i Micheli, i Bernardinetti, i Leonardi, gli Ermini, i Baldelli, ma non i Malfatti. Malfatti, con l’aiuto di Fanfani e di Bonomi, con la Coltivatori diretti, organizzò in quaranta giorni una formidabile campagna elettorale e così risultammo entrambi eletti, io con i voti di Perugia e lui con i voti di tutta la Circoscrizione e un elevato quorum di preferenze. Da allora abbiamo partecipato dialetticamente ad una comune, solidale esperienza, con ruoli diversi ma comuni ideali e comuni obiettivi politici, sino a ritrovarci, dopo una breve parentesi, vicini ad Arnaldo Forlani, che si era allontanato da Amintore Fanfani per la scelta di Ciriaco De Mita a Segretario nazionale. Sono trascorsi dieci anni dalla scomparsa di Franco Maria Malfatti. La morte non cancella, ma alimenta la vita; la vita che si rinnova, che muta, che corre verso l’infinito. Sembra ieri. Per alcuni aspetti sembra invece che sia trascorso un secolo, tanti sono stati e così grandi, da allora, gli eventi che hanno cambiato radicalmente il quadro politico del Paese, la situazione politica internazionale. Ormai i secoli di ieri sono i nostri giorni. Anche il più solitario dei terrigeni con in mano un telefonino satellitare può improvvisamente diventare il centro delle attenzioni planetarie, il centro del sistema globale. E tutto si compie in tempo reale».

Con tale delicatezza raccontava e pensava l’amico Luciano che se ne è andato al culmine di una lunga vita, ricordato oggi da tanti che lo conobbero, lo frequentarono, godendone dell’intelligenza, della bontà e dello spirito che sempre ne animava il suo eloquio di maestro della parola, dell’università e del Parlamento.