Riapre la scuola. In antico veniva chiamata otium per distinguerla dal negotium, cioè la coltivazione dell’essere rispetto all’incremento dell’avere. È una questione che riguarda tutti, perché laddove cresce il livello dell’istruzione si consolida la possibilità di crescita delle famiglie, dei ragazzi e dei docenti. L’importante è che ciascuno per la propria parte senta di farsi carico di questa realtà al netto della crisi, delle inadeguate situazioni strutturali, dei problemi degli organici. La vera domanda, infatti, che dovremmo porci non è tanto quella che dice: “Che mondo lasceremo ai nostri figli!”. Ma piuttosto questa: “Che figli lasceremo al mondo?”.
Non possiamo fermarci alle parole e alle buone intenzioni. La fede non è mai evasione o fuga dal presente, ma sempre ci fa immergere nella realtà. Con una consapevolezza e una determinazione che ci fanno vincere l’apatia che spesso è l’anticamera della rassegnazione e dell’autocommiserazione. Ciascuno può fare la sua parte. Senza dimenticare quello che un grande educatore come don Milani, affermava volendo distinguere l’influsso dei media dettato da ragioni economiche e commerciali da quello della scuola: «È appunto qui che si distingue il maestro dal commerciante. Dicesi commerciante colui che cerca di contentare i gusti dei suoi clienti. Dicesi maestro colui che cerca di contraddire e mutare i gusti dei suoi clienti».