Pontificia Accademia Vita. Mons. Paglia: essere “pro-life” vuol dire “difendere la vita sempre, comunque e dovunque”

Alla vigilia della prima assemblea dopo il nuovo assetto, monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, illustra al Sir le attività dell’organismo della Santa Sede. La “Magna Charta”, spiega, sarà il discorso di apertura di Papa Francesco. La prospettiva è in un impegno a 360 gradi: “Il Papa ci chiede di entrare in medias res sulle nuove frontiere di dibattito che riguardano la difesa della dignità della vita”.

“Non permetterò a nessuno di essere più pro-life di me”. Monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, ci consegna questa battuta – che suona come una battagliera frontiera di impegno – per descriverci il nuovo assetto dell’organismo pontificio, voluto da Papa Francesco con la riforma dei dicasteri vaticani e ora sancito dall’applicazione del nuovo statuto, attraverso la nomina dei nuovi accademici, provenienti da 37 Paesi del mondo: 4 membri onorari, 87 membri corrispondenti e 13 giovani ricercatori. Il primo banco di prova sarà la prima assemblea dell’organismo pontificio dopo il riordino, in programma dal 5 all’8 ottobre, sul tema: “Accompagnare la vita: Nuove responsabilità nell’era tecnologica”. Sarà proprio il Papa a configurare il nuovo corso, con una relazione introduttiva che Paglia definisce fin da ora la “Magna Charta” della Pav. Al centro del riordino delle attività in calendario, l’ampliamento del concetto di “vita”, che va ben oltre la sfera della bioetica e va difesa “sempre, comunque e dovunque”, nella sua fase iniziale e in quella terminale, in tutte la sue declinazione non solo antropologiche, culturali, filosofiche e teologiche, ma anche storico-geografiche: dai viaggi della speranza dei migranti alla minaccia del nucleare, dai trafficanti di armi a quelli di persone, fino a tutte le situazioni di precarietà e fragilità che rendono senza voce tante parti del mondo. Tra le collaborazioni che l’Accademia sta avviando, la prima è con i Musei Vaticani: il 6 ottobre sarà inaugurato un itinerario artistico – visitabile fino al 5 gennaio 2018 – promosso all’interno delle collezioni, sullo stesso tema dell’Assemblea, con la presentazione di dodici opere da parte di altrettanti accademici. A fine novembre, invece, è in programma in Vaticano un convegno sul “fine vita” e il suicidio assistito, che verrà presentato prossimamente.

Monsignor Paglia, quali sono le novità principali del “nuovo corso” della Pav?
Oltre al nuovo statuto, la novità è un gruppo di giovani ricercatori nominati dal Consiglio direttivo, che ha anche accolto la decisione presa della precedente presidenza di cancellare l’appartenenza a vita dei membri e di stabilire per il loro servizio una scadenza quinquennale. C’è stato un rinnovo generazionale, anche per rispondere al nuovo impegno chiesto alla Pav dopo l’enciclica Laudato si’, l’esortazione apostolica Amoris Laetitia e la connessione istituzionale dell’Accademia con il nuovo dicastero che per volere del Papa raggruppa i laici, la famiglia e la vita. Il concetto di vita non va semplicemente inteso come un universale astratto: la vita si concretizza nelle persone umane, nelle diverse età in cui essa si sviluppa – dall’inizio al suo termine naturale – e nella forza dei legami generazionali che ne conseguono.

Non solo inizio o fine vita: l’impegno per il futuro è a 360 gradi?
Essere Pontificia Accademia per la Vita significa avere la preoccupazione per tutto l’arco dell’esistenza umana e per tutte le situazioni legate alla qualità stessa della vita, all’insegna del legame tra l’ecologia integrale e l’ecologia umana. Tutto ciò ha richiesto un nuovo inizio, e

la Magna Charta per il nostro impegno sarà la relazione introduttiva che Papa Francesco terrà il 5 ottobre, durante la prima Assemblea dopo il riordino.

Essere “pro-life” richiede anche alla Pav di ripensare il valore semantico del termine vita, che non può essere ridotto solo alle dimensioni bioetiche: non è una preoccupazione teorica, ma comporta l’impegno di promuovere una cultura che aiuti la vita sempre e comunque. Si tratta di un concetto molto ampio che abbiamo la responsabilità di declinare non solo in un contesto teorico, ma anche storico-geografico. Parlare di salute e di malattia, ad esempio, è anche parlare di immigrazione.

Durante l’Assemblea dialogheranno scienziati di provenienza ed estrazione diversa…
La Pontificia Accademia per la Vita non è un organismo pastorale, ma è composta da scienziati. La dimensione scientifica la qualifica, così come la presenza di scienziati di diverse appartenenze, all’interno del quadro comune del primato della persona umana.

Il Papa ci chiede di entrare in medias res sulle nuove frontiere di dibattito che riguardano la difesa della dignità della vita, che si manifesta dovunque, in chiunque e in qualsiasi momento.

Il primo Congresso della nuova Pav vuole mettere in dialogo tradizioni diverse per confrontarsi sulle sfide tecnico-scientifiche di portata enorme che caratterizzano il nostro tempo, a partire dalla ricchezza di una tradizione antropologica che nella Chiesa cattolica è presente da sempre ma richiede un nuovo dibattito.

Dopo la grande crisi provocata dal tragico tema dell’escalation del nucleare e dopo la gravissima crisi ecologica che per la prima volta prevede la possibilità per l’uomo di distruggere il pianeta, la terza grande sfida è quella antropologica: per la prima volta nella storia, gli uomini possono deturpare e perfino creare una vita umana, grazie ai progressi della genetica e alla pervasività delle biotecnologie. E’ il grande tema del postumanesimo e del transumanesimo.

Di fronte a queste sfide, il patrimonio umanistico ha validissimi interlocutori nel nostro pianeta. Il Papa ha chiesto all’Accademia di farsi luogo di dialogo e di confronto, attingendo al ricco patrimonio della tradizione evangelica e coinvolgendo, in questo sostegno a tutto campo della vita umana, alleati in ogni cultura e tradizione umana e religiosa. L’assemblea generale è la prima grande occasione di mettersi all’opera secondo questa prospettiva.