Don Doriano Vincenzo De Luca è il parroco dell’Immacolata Concezione a Capodichino, una parrocchia del VII Decanato che comprende i quartieri periferici di Secondigliano, San Pietro a Patierno e Doganella: “È un modo per non rimanere chiusi e stretti nel piccolo mondo nostro, ma per capire che ci sono problemi molto più grandi”.
Papa Francesco ci invita, costantemente, ad andare verso le periferie. E le periferie sono pronte a rispondere a questa attenzione in un’occasione particolare come la Giornata per la carità del Papa, che si celebra domenica 29 giugno. Questo, ad esempio, avviene a Napoli, città bella e, al tempo stesso, difficile, con le sue tante periferie degradate. Ma il cuore dei napoletani è grande, come racconta al Sir don Doriano Vincenzo De Luca, parroco dell’Immacolata Concezione a Capodichino, una parrocchia del VII Decanato che comprende i quartieri periferici di Secondigliano, San Pietro a Patierno e Doganella. “La Giornata per la carità del Papa è molto pubblicizzata anche grazie al settimanale diocesano, ‘Nuova Stagione’”, ricorda il sacerdote.
Don Doriano, nella sua parrocchia domenica come si vivrà la Giornata per l’Obolo di San Pietro?
“Nella mia parrocchia la gente partecipa volentieri all’Obolo di San Pietro perché grande è la sensibilizzazione fatta in ordine alle necessità della Chiesa universale. Ho abituato i fedeli a ragionare su vari livelli: ci sono i nostri problemi, ci sono i problemi della diocesi e, infine, ci sono i problemi di una Chiesa che va al di là di questo nostro piccolo mondo, che, per quanto problematico e complesso, è certamente inserito in un contesto globale e sociale molto più ampio. Quindi, in parrocchia abbiamo lavorato per far passare l’idea che è importante aprirsi ad altre realtà e ad altre povertà, che non siano quelle immediate”.
Avete già promosso in parrocchia altre iniziative?
“Un’esperienza del genere è stata già vissuta nel tempo di Avvento e di Natale, quando è stata preparata una particolare iniziativa solidale, che abbiamo chiamato la ‘culla della carità’, il cui scopo era raccogliere soldi per la Crèche, l’orfanatrofio di Betlemme delle Suore della Carità di S. Vincenzo de Paoli. Ci sono molti problemi legati a tanti bambini che non vanno a scuola anche qui nelle nostre periferie, però il progetto è servito per non rimanere chiusi e stretti nel piccolo mondo nostro, ma per capire che ci sono problemi molto più grandi. La nostra è una realtà parrocchiale di periferia, ma abituata ad allargare gli orizzonti”.
L’esperienza vissuta a Natale scorso è sicuramente importante dal punto di vista della solidarietà, ma la Giornata per la carità del Papa ha un significato in più?
“Effettivamente, la mia comunità parrocchiale vive la colletta del 29 giugno anche con un altro significato: come amore verso la Chiesa, nel senso che alla gente della mia parrocchia non interessa sapere come il Papa utilizzerà questi soldi, cioè non ha bisogno in questo caso di conoscere la finalità: sa che il Papa conosce le necessità della Chiesa e, quindi, sa che certamente il Santo Padre utilizzerà le offerte nostre, come di tante altre parrocchie, per il bene della Chiesa. La gente dona volentieri: non è solo un gesto di carità, ma davvero diventa un gesto di amore profondo alla Chiesa”.
Ora che la crisi fa sentire sempre di più il suo peso, soprattutto in realtà di periferie che sono maggiormente deprivate, è, comunque, più difficile far passare l’idea di donare per la carità del Papa?
“No, non si fa fatica a parlare della necessità della colletta. Può succedere che la gente dia un po’ di meno, questo sì! Le persone comprendono benissimo l’importanza dell’Obolo, piuttosto si rammaricano di non potere dare di più. Come la vedova, danno quello che possono. L’aspetto proprio bello è che la crisi non ha portato i fedeli a chiudersi nei propri problemi e a pensare solo a se stessi; certamente, avendo meno soldi a disposizione per le necessità quotidiane, possono donare meno, ma comunque danno”.
Cosa dirà domenica nell’omelia per invitare i fedeli ad aderire alla Giornata?
“Dirò che dobbiamo voler bene alla Chiesa e al Papa e che dobbiamo sentirci sempre uniti alla Chiesa universale. Quindi, inviterò i fedeli a compiere, con estrema carità e generosità, questo gesto di amore nei confronti degli ultimi, che possono essere vicini a noi, ma anche molto lontano da noi”.