Morti della strada: a cavallo di ferragosto un elenco spaventoso

Le statistiche parlano chiaro, anche se non dicono tutto. I decessi per incidenti stradali continuano a essere una delle primissime cause di morte, in Italia come nell’intero “mondo industrializzato”. Con lo sviluppo economico l’Occidente è diventato auto-dipendente: sui percorsi urbani ed extraurbani sfrecciano veicoli di ogni genere, mentre c’è chi al volante non rinuncia mai: piuttosto che fare due passi a piedi, meglio sedersi pigramente sul sedile della macchina e sgasare. E così l’Europa delle due e quattro ruote è anche in cima alle classifiche mondiali per i morti della strada: 26mila persone perdono la vita ogni anno nei 2 milioni di incidenti gravi monitorati da Eurostat nei 28 Stati Ue, ovvero oltre 70 lutti al giorno.

Ma, appunto, numeri e tabelle non dicono nomi e volti delle vittime dell’asfalto. Basta scorrere le cronache dei giorni a cavallo del Ferragosto italiano per dare concretezza ai fatti. Siria Lozzi, medico di famiglia di Selvena, nel Grossetano, è morta mentre si recava al lavoro, a causa di un frontale con un’altra vettura. Il 17enne Armin Alber, altoatesino, è stato invece investito da un’auto all’uscita di una discoteca di Rimini.

È di un morto e quattro feriti, tra i quali due bimbi di 12 e 11 anni, il bilancio di un incidente a Villapiana, nel Cosentino. E se un camionista è finito fuori strada a San Lazzaro di Savena, lungo la A14 alle porte di Bologna, morendo sul colpo, un uomo di 51 anni ha perso la vita per una collisione tra un furgone e una Vespa a Crotone. Hanno perso la vita all’estero Carmelo Bertucci e Ylona Lucchetta di Mansué (Treviso), coinvolti in un pauroso incidente mentre stavano attraversando la Westfalia in moto. A Roma due giovani sono finiti con la loro golf contro un bus della linea 409 sulla Prenestina. Altro morto in moto – il 27enne Isaia Berton – si registra sulla strada che collega Paluzza con Timau, in Friuli.

E ancora, per fare altri tragici esempi del fine settimana: Armando Fongaro e Francesco Zorzin sono finiti in una scarpata dopo un volo di trenta metri nel Veronese; un 21enne è deceduto a Lequile, sulla provinciale che collega Lecce con Gallipoli, dopo che l’automobile su cui viaggiava con quattro amici è uscita dalla carreggiata; una giovane di 23 anni, Giovanna Artioli, è finita in un canale nel Mantovano, mentre ritornava da una gita sul Lago di Garda. Altre tre giovani esistenze – ragazzi di Cerignola – spezzate in Puglia dopo una serata all’insegna del divertimento. Due uomini sono deceduti sulla statale 106 diretta a Reggio Calabria. E se l’ex campione del mondo di ciclismo, “SuperMario” Cipollini, è finito sotto una macchina a Lucca, per fortuna senza gravi conseguenze, la magistratura ha confermato il fermo di James Ryon Heyn, giovane britannico residente nel Lecchese, che guidando la sua auto a 210 chilometri all’ora, si è schiantato causando il decesso dell’amico Stefano Annoni, residente in Brianza.

L’elenco potrebbe continuare. Ufficialmente gli scontri mortali diminuiscono lentamente ma progressivamente (auto più sicure, miglioramento della rete stradale, controllo della velocità da parte della Polizia), in Italia come in Europa. Benché sono sempre troppe nella Penisola le persone che se ne fanno un baffo dei limiti di velocità, dell’obbligo delle cinture di sicurezza, dei sistemi per la salvaguardia dei bambini: non mancano, per fare un esempio, mamme e papà irresponsabili che insistono a portare i minori sui sedili anteriori… Talvolta i giornali titolano: “Strade killer”. In realtà i killer sono gli automobilisti.

Comunque la striscia di lutti resta spaventosa ed è lecito domandarsi se debba essere, per forza di cose, parte delle cronache quotidiane, specie d’estate. Responsabilità, lucidità, senso della moderazione, rispetto dei codici, amor proprio e altrui: ancora una volta il rispetto della vita è lasciata alla libertà dell’uomo. C’è da chiedersi cosa ne farà.