«Ho letto l’appello accorato che il vice sindaco di Rieti ha rivolto a tutti i protagonisti della vicenda relativa all’anticipo della cassa integrazione ai dipendenti delle aziende in crisi. In passato la Provincia aveva accantonato alcune somme per far fronte alla spesa per interessi sulle anticipazioni della cassa integrazione da parte delle banche, immaginando che la crisi avrebbe creato anche una difficoltà di riscossione degli ammortizzatori sociali. La decisione si è rivelata utile perché ha consentito a molti lavoratori di poter ricevere somme che altrimenti sarebbero arrivate con grande ritardo. Non sono somme superflue ma spesso sono essenziali per mantenere un livello di vita dignitoso a molte famiglie che vivono il dramma dell’incertezza del posto di lavoro. Ho fatto i miei complimenti a tutti quando ho saputo che la Fondazione Varrone e la Camera di Commercio avevano dato la loro disponibilità a sostenere le spese che la Provincia non poteva più sostenere. È stato un gesto importante che avvicina le istituzioni e tutti coloro che operano per la collettività ai lavoratori reatini in difficoltà. Come tutte le cose nel nostro Paese anche questa vicenda però non trova ancora soluzione, se capisco bene per intralci burocratici o procedurali».
Lo dichiara il deputato Fabio Melilli in una nota. «È capitato anche a noi nel passato e capita quando l’interlocutore è il sistema bancario, connotato da procedure molto severe» prosegue l’onorevole. «Alle nostre quotidiane e petulanti sollecitazioni in verità la Cariri ha sempre risposto con puntualità. Purtroppo alcune cose che decidiamo di fare, spesso hanno tempi lunghi e incontrano nel loro cammino molte difficoltà. Capita allora che si molli la presa, che si deleghi ad altri la loro soluzione, senza accorgersi che il tempo le rende meno utili di quando le abbiamo pensate. A volte non è grave ma a volte non possiamo permetterci distrazioni. In questo caso dietro le nostre scelte ci sono soggetti in grave difficoltà, uomini e donne che non riescono ad arrivare alla fine del mese, famiglie che debbono rinunciare anche al necessario, figli che soffrono la situazione, in silenzio e con grande dignità. Ecco, di fronte a tutto ciò, ogni nostra distrazione diventa colpevolezza, ogni ritardo ci rende complici e vanifica il buon lavoro fatto».
«Se una pratica burocratica di questa natura si intoppa, è necessario lavorare a testa bassa finché non è risolta e non è sufficiente delegare ai propri sottoposti o a qualche stanco dirigente la soluzione del problema. Si alza il telefono, ci si mette l’impegno e la faccia. Solo così una collettività comprende che la sua classe dirigente le è vicina, solo così si recupera la distanza abissale tra chi governa e chi attende con ansia che le decisioni divengano realtà. Per questo mi permetto di chiedere che da questa mattina i più alti responsabili degli enti coinvolti si impegnino personalmente alla soluzione della questione, senza interrompere il loro lavoro finché i problemi non saranno risolti, anzi finché i lavoratori non vedano realmente accreditate le loro anticipazioni. Se non si fa così la vicenda non si risolve e nessuno potrà tornarsene a casa la sera con la serenità di chi ha fatto il proprio dovere. E sarà come nella “Canzone del maggio” di Fabrizio De Andrè: “anche se voi vi credete assolti, siete lo stesso coinvolti”. Ecco – conclude Melilli – proviamo per una volta ad essere assolti».
Non mi piace la retorica. Ricorrere sempre ad altri per risolvere problemi che appartengono ad un soggetto pubblico che ha visto sfaldarsi negli anni tra le proprie mani una realtà economico/politico come quella provinciale reatina e la situazione del lavoro ne è la più ampia testimonianza. Visto che a Natale i dirigenti dell’Ente provincia (ormai l’isola che non c’è) sembra ( dai dati giornalisitci) abbiano percepito stipendi da capogiro sommati alla retribuzione annua pro capite, da veri fratelli di cittadini in sofferenza grave come i disoccupati, i cassa integrati, i precari, avrebbero potuto creare proprio in provincia, un fondo comune di solidarietà limitandosi a percepire lo stipendio di un funzionario apicale dello Stato intorno a 1300/1400 euro mensili) e dare il resto al fondo comune da distribuire ai lavoratori di cui parla l’articolo sotto qualsiasi forma.sarebbe stato un bel segno tangibile che le parole di chi gestisce carrozzoni, che non portano da nessuna parte assorbenti ingenti denari pubblici per autosostenersi, possono avere un riscontro di solidarietà fraterna e di cittadinanza alta e praticata. Ormai, la verità è questa, alla politica non ci crede più nessuno. E secondo me è un peccato.Buon cenone e feste di fine anno.
maria Laura petrongari