È stata una vera e propria meditazione sul mistero della Pentecoste la musica che ha sorretto la preghiera della folta assemblea riunitasi in Cattedrale, la sera del 19 maggio, per la veglia diocesana presieduta da mons Pompili.
Quest’anno, più che nei precedenti, il repertorio studiato dal maestro Barbara Fornara è stato ispirato, oltre che dagli ineludibili criteri della pertinenza celebrativa e – data la vasta partecipazione di popolo – del carattere assembleare dei pezzi, dalla volontà di introdurre per gradi all’esultanza per il dono dello Spirito Santo anche attraverso un sapiente climax vocale e strumentale.
Dalla dolcissima e quasi sussurrata sequenza di Pentecoste con cui si è aperta la veglia, musicata da Jacques Berthier intrecciando le parti per tenore e baritono sull’ostinato ritornello Veni, Sancte Spiritus, fino al poderoso Chiesa del Risorto di Marco Frisina che l’ha chiusa, è stato un continuo crescendo di volumi, sostenuto dal progressivo ingresso degli strumenti musicali. Soltanto dopo la sovrabbondante liturgia della Parola e l’excursus storico-salvifico lungo il quale ha guidato i fedeli, coro e strumentisti hanno trasposto vigorosamente in musica, con il Gloria, l’esplosione di una gioia maturata ripercorrendo le vicende della torre di Babele, della discesa di Dio sul monte Sinai e della sua mano sul profeta Ezechiele, dell’effusione dello Spirito sopra ogni uomo preannunciata dal Signore di cui parla Gioele. Sempre sulla mensa della Parola – con le letture proclamate in modo impeccabile dai corsisti di padre Ezio Casella, direttore dell’Ufficio Liturgico – si è deciso di imbandire un’offerta musicale più ricca che in passato optando per il canto integrale di tutti i salmi responsoriali, affidati sia a cantori della Schola Cantorum «Chiesa di Rieti» (Gianluca Toscani e Giada Cassar, che rappresentava anche la comunità parrocchiale di San Giovanni Battista nel quartiere reatino di Campoloniano) sia a coristi delle altre formazioni che hanno aderito all’annuale invito del vescovo a unirsi al coro diocesano (Ilaria Chiavolini di Piani di Poggio Fidoni e Emanuele Sciortino di Cittaducale).
Accanto ai tanti cantori provenienti dalle parrocchie che hanno ingrossato le file degli habitués della Cattedrale sono stati gli stessi direttori dei cori a prendere posto sulle pedane del transetto di destra di Santa Maria: da Emanuele Ciogli (Sant’Agostino, basso) a Francesca Chiaretti (Santa Maria delle Grazie, contralto), da Alessio Schiavone (coro Armonincanto, tenore) a Giovanni Rossi (San Francesco Nuovo, basso), oltre al già citato Sciortino (Santa Maria del Popolo in Cittaducale), basso di complemento del diocesano sin dai tempi dell’ordinazione del vescovo Domenico. Assente giustificato Massimo Sebastiani (Santa Maria delle Grazie in Piani di Poggio Fidoni), sempre entusiasta nell’aderire alle iniziative diocesane come tenore e prezioso sostegno del maestro Fornara, durante una Quaresima per lei alquanto difficile sul piano della salute, in qualità di direttore.
Se però la veglia è riuscita così bene, il merito è stato anche dei giovani strumentisti che, insieme all’organista Lorenzo Serva, hanno accettato di accompagnare il canto della schola: Barbara Simeoni al flauto traverso, Elisa Innocenti al clarinetto, Luca Gianni al trombone, Beatrice Renzaglia e Maria Cardellini ai violini, Agnese Martellucci alla viola, Mattia Rossi al contrabbasso, cui si sono aggiunti i maestri Giovanni Romito al violoncello e Matteo Gentile alla tromba. Grazie al loro contributo, in Cattedrale è stato possibile dare corpo a un’animazione musicale che è parsa specchio di «quell’armonia sovraceleste e indicibile nel servizio di Dio» veicolata, nelle parole di Basilio di Cesarea, dallo stesso Spirito Santo (Spiritus Sanctus ipse harmonia est). Quello Spirito che, come ha detto papa Francesco nella sua omelia di Pentecoste del 2013 mutuando a sua volta il linguaggio della musica, «non significa uniformità, ma ricondurre il tutto all’armonia. Nella Chiesa l’armonia la fa lo Spirito Santo… Lui è proprio l’armonia. Solo Lui può suscitare la diversità, la pluralità, la molteplicità e, nello stesso tempo, operare l’unità».